Il ministro Padoan: «Pronte misure
per rilanciare le imprese»

Domenica 18 Maggio 2014 di Osvaldo De Paolini
Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan
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Ministro Pier Carlo Padoan, una settimana fa lei non escludeva sorprese positive sul fronte del Pil italiano. Il primo trimestre, con l’indicatore tornato sotto lo zero, si è però rivelato una sorpresa negativa. Dobbiamo dunque rivedere tutte le previsioni?

«Ma no, un rallentamento dello 0,1% non cambia il quadro generale. A maggior ragione se si tratta di un fenomeno ampio visto che, ad esclusione della Germania, un po’ tutti i paesi europei segnalano debolezza. Dobbiamo semplicemente prendere atto che l’uscita dalla grande recessione è molto faticosa».



Ma anche le esportazioni non vanno bene. E stanno ormai calando da almeno tre mesi.

«Sono una voce dello stesso fenomeno, che segnala un’economia globale più debole. Dobbiamo però considerare che all’interno del fenomeno, quantomeno per l’Italia, vi sono aspetti positivi. Per esempio, la produzione industriale sta migliorando, sia pure a macchia di leopardo. In fase di miglioramento è anche la fiducia dei consumatori».



Sta quindi dicendo che non vi siete sbagliati?

«Come tutti, abbiamo commesso un errore nella stima di un dato parziale, ma lo scenario complessivo resta immutato».



Però non rassicura vedere lo spread impennarsi così velocemente fino a toccare quota 180 in una sola mattina.

«Ne convengo, ma giovedì scorso i mercati hanno reagito malamente soprattutto in relazione a rumor sconsiderati che ipotizzavano una tassa retroattiva sui titoli sovrani di un paese europeo, che taluni avevano individuato nella Grecia, con ricadute anche sull’Italia. Non abbiamo esitato a smentire. Del resto, già venerdì l’allarme era rientrato».



Nondimeno, non possiamo essere certi che, in assenza di segnali concreti, lo stato di grazia sul fronte dello spread regga a lungo. Lei stesso in qualche occasione si è detto preoccupato che a fine anno si debba di nuovo fare i conti con questo problema. Per quale motivo?

«Perché guardo a ciò che accade negli Stati Uniti. Penso infatti che, conclusa la fase di tapering che da mesi vede la Fed ridurre la velocità di acquisto dei titoli del Tesoro americano, non resterà che mettere mano ai tassi se si vuole tenere sotto controllo l’inflazione. E con tassi più elevati negli Stati Uniti, l’enorme massa di liquidità oggi in circolazione verrà probabilmente meno, generando maggiori difficoltà nel collocamento dei titoli europei».
Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 11:14

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