Yara, depongono gli investigatori: «Il furgone di Bossetti filmato sei volte intorno alla palestra»

Mercoledì 23 Settembre 2015
Yara, depongono gli investigatori: «Il furgone di Bossetti filmato sei volte intorno alla palestra»
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dal nostro inviato

Claudia Guasco

BERGAMO - Il 16 giugno 2014 Massimo Bossetti lavora nel cantiere di Seriate. E' al secondo piano di una palazzina in costruzione in via Enrico Fermi quando arrivano polizia e carabinieri per arrestarlo.

Ma non se ne accorge subito, non può: gli uomini delle forze dell'ordine sono in borghese e si fanno aprire i cancelli con la scusa di cercare lavoratori in nero.

Prima ancora di capire cosa sta succedendo, il carpentiere di Mapello vede che puntano su di lui. "E' a questo punto che l'imputato ha un accenno di fuga e cerca di scendere dal secondo piano", spiega il comandante del Ros di Brescia. E Bossetti, che fino a questo momento ha ascoltato impassibile la deposizione, si ribella a ciò che sente: "Non è vero", dice scuotendo la testa con energia.

"SINGOLARI COINCIDENZE"

Nel processo per l'omicidio di Yara Gambirasio è il giorno degli investigatori che hanno svolto le indagini. Dalla scomparsa della ragazzina, il 26 novembre 2010, al ritrovamento del corpo nel campo di Chignolo tre mesi più tardi, fino all'identificazione di Bossetti come Ignoto 1, ovvero l'uomo il cui dna combacia con quello repertato sugli slip e sui leggings della piccola ginnasta di Brembate. Quattro anni di inchiesta, 24 mila prelievi di dna, analisi dei tabulati dei 120 mila telefoni cellulari transitati nella zona della palestra la sera in cui Yara uscì per l'ultima volta, 20 mila furgoni passati sotto le telecamere di Brembate. Dati che, filtrati al setaccio fine degli inquirenti, hanno escluso presenze casuali e hanno stretto il cerchio attorno a Massimo Bossetti. Maglioncino lilla e jeans, sempre abbronzato approfittando dell'ora d'aria nel cortile del carcere, il muratore segue impassibile l'udienza seduto accanto ai suoi avvocati. E si rivolge al loro con un moti d'irritazione quando la pm Letizia Ruggeri racconta delle sue "ciriticità coniugali", delle relazioni della moglie Marita Comi e soprattutto del giorno in cui gli hanno messo le manette ai polsi. "Ha accennato la fuga, poi si è avvalso della facoltà di non rispondere", afferma il colonnello Lorusso. E non è l'unico comportamento singolare rilevato dagli investigatori. Il giorno della scomparsa di Yara non pranza alla solita trattoria, abbandona il cantiere di Palazzago e va a comprare del materiale "la cui importanza non giustifica l'allontanamento dal posto i lavoro", sostiene l'accusa: una giacca da manovale, una matita e due cazzuole. Il 9 dicembre 2012 acquista un metro cubo di sabbia da un rivenditore proprio a Chignolo, che non è nella lista dei fornitori, il 4 dicembre 2010, dopo che nella notte è stato fermato il marocchino Mohamed Fikri ritenuto per un clamoroso errore giudiziario l'assassino di Yara, preleva denaro nella banca di via Rampinelli, a duecento metri da acasa della ragazzina. Non è il suo sportello, è la prima volta che accade e non succederà mai più. "Una coincidenza strana, proprio in concomitanza con uno snodo delle indagini", sottolina la pm Ruggeri.

ALIBI AL CONTRARIO

Ed è proprio nel rettangolo di indagini tra la palestra e casa Gambirasio che Bossetti si aggira il 26 novembre di cinque anni fa. Le telecamere della zona registrano il suo passaggio in rapida successione per ben sei volte: ore 18 al distributore Shell, cinque minuti dopo alla banca di via Rampinelli, 18,19 di nuovo alla Shell, tra le 18,40 e le 18,47 punta venrso il centro, alle 19,51 è sempre la telecamera del distributore a immortalare il suo inconfondibile furgone cassonato. C'è anche un supertestimone che vede l'Iveco: è Federico Fenili, ascoltato due volte dagli inquirenti nel 2010 e convocato di nuovo in seguito al fermo. E descrive il mezzo con precisione. Alle 17,45 di quel venerdì pomeriggo Bossetti chiama il cognato, agganciando la cella di Mapello (Brembate), poi il suo telefono resterà spento fino alla mattina successiva. "Ciò funziona come un alibi all'incontrario: esclude che l'imputato si trovasse in un luogo a distanza tale da non poter raggiungere la palestra nel momento della scomparsa di Yara", afferma il comandante del Ros.

Ultimo aggiornamento: 15:36
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