Incidente treno Brandizzo, cosa sappiamo sugli ultimi minuti: operai al lavoro, telefonate e autorizzazioni negate

La strage di Brandizzo è stata causata da una pratica comune: l’avvio dei lavori in anticipo, perché tutti seguono - sbagliando - questa consuetudine

Mercoledì 6 Settembre 2023 di Marta Giusti
Incidente treno Brandizzo, cosa sappiamo sugli ultimi minuti: operai al lavoro, telefonate e autorizzazioni negate

Cosa è successo negli ultimi istanti prima dell'incidente del treno di Brandizzo? Sembra un vero e proprio giallo ma proviamo a fare chiarezza ricostruendo cosa è successo in quella maledetta sera, nel Torinese, dove 5 operai hanno perso la vita.

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Le vittime sono Michael Zanera, di 34 anni, Giuseppe Sorvillo, di 43 anni, Saverio Giuseppe Lombardo, di 52 anni, Giuseppe Aversa, di 49 anni, e Kevin Laganà, di 22 anni.


 

L'avvio dei lavori (ufficioso) dopo le ore 22

La strage di Brandizzo è stata causata da una pratica comune: l’avvio dei lavori in anticipo, perché (quasi) tutti seguono - sbagliando - questa consuetudine. Questo accade perché le operazioni di manutenzione possono essere eseguite solo quando non causano disagi ai passeggeri, ovvero dopo le 22:00 e durante i fine settimana.

Tuttavia, il contratto dei lavoratori prevede solo due turni notturni a settimana. Questa regola viene costantemente elusa attraverso la chiamata volontaria dei lavoratori.

Testimone l’ex operaio della Si.gi.fer. di Borgo Vercelli, Antonio Veneziano. Egli ha già fornito dettagli ai media sulla pratica che era in uso presso l’azienda, spiegando: «In molte occasioni in cui ho lavorato lì (alla Si.gi.fer), quando sapevamo che un treno era in ritardo, anticipavamo l’inizio del lavoro.

In altre parole, quando dovevamo effettuare una regolazione, come il restringimento del binario, che richiedeva l’intervento di un convoglio previsto in orari non corretti, iniziavamo i lavori. Svitavamo i chiavardini, che sono i dispositivi di fissaggio delle rotaie alle traversine in legno. Successivamente, poco prima del passaggio dei convogli, venivamo rimossi dalla traccia. Solitamente, eravamo sei o sette persone in ogni gruppo, ma in queste situazioni, c’era sempre qualcuno che sorvegliava la situazione. Tuttavia, nella tragica notte recente, la situazione è stata diversa, poiché tutti erano sulla massicciata». 

Ore 23:20 circa: le prime telefonate per l'autorizzazione

Secondo l’accusa, la responsabilità di Girardin Gibin risiede nel fatto che ha fatto scendere i suoi operai sui binari senza prima ottenere il foglio di nulla osta necessario. Nel caso di Antonio Massa, invece, la prova principale sono le telefonate effettuate quella sera.
 

 


Le chiamate iniziano intorno alle 23:30, quando Massa chiede l’autorizzazione alla centrale del movimento di Chivasso: prima una chiamata, poi una seconda. Nel momento della richiesta, Massa dispone solo di supposizioni riguardo alle finestre di lavoro, basate sugli orari previsti dei treni. 

Ore 23:30: il primo treno aveva già concluso il suo percorso

Massa riceve dalla centrale di Chivasso un rifiuto iniziale e una raccomandazione a rimandare l’intervento, dicendo che «deve ancora passare un treno». La questione centrale è quale treno stesse effettivamente passando. Erano previsti tre treni: l’ultimo di linea, uno destinato a trasportare vagoni da Alessandria a Torino e un terzo programmato per circa l’1:30.

Alle 23:30, il primo treno aveva già concluso il suo percorso. Il secondo era in ritardo, ma non è chiaro se Massa abbia confuso questo treno con quello precedente. Questa confusione porta all’incidente, poiché Massa e il capocantiere insieme a cinque operai scendono sui binari in un momento in cui il passaggio dei treni non era adeguatamente coordinato con la loro presenza. 

Ore 23.30-1:30: la finestra temporale per il passaggio del secondo e terzo treno

Ancora una volta Massa, dalla centrale, riceve ulteriori istruzioni che gli indicano due finestre temporali durante le quali può svolgere il lavoro: tra il secondo e il terzo treno, oppure dopo il terzo treno. Inoltre, gli viene ribadito di rimanere fermi. E per tre volte, dall’altra parte della linea telefonica, la funzionaria Enza Repaci nega quell’autorizzazione

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Ore 23:40 circa - il video di Kevin Laganà pochi minuti prima della tragedia

Kevin Laganà aveva girato un video pochi minuti prima della strage di Brandizzo. Il video dura 6 minuti e 48 secondi. Quel contenuto, mai pubblicato, è stato scoperto dal padre, ed è stato depositato in procura dagli avvocati Marco Bona e Enrico Calabrese, perché diventerà un caposaldo dell’inchiesta. Il motivo? I dettagli sono scioccanti. Si sente una voce fuori campo, quasi all’inizio del video, è quella del responsabile di Rfi sulla linea. È Antonio Massa, cioè la «scorta» - così viene chiamata fra i lavoratori quella figura professionale. È il funzionario di raccordo fra il gestore dell’infrastruttura ferroviaria e la squadra degli operai della Si.Gi.Fer, chiamati al lavoro con un subappalto per sostituire un pezzo di binario. 

Antonio Massa dice: «Ragazzi, cominciamo.Se vi dico treno, andate da quella parte. Va bene?». Poco dopo, però, Kevin Laganà dirà altre parole altrettanto importanti: «Manca ancora l’autorizzazione». Era prassi fare così. Per sbrigare prima il lavoro, oppure per paura di non finire in tempo. I manutentori hanno precise finestre orarie per intervenire. Fra il passaggio dell’ultimo treno e quello successivo. Quella notte, però, doveva ancora passare un treno speciale, fuori dai soliti orari. Un treno con dei vagoni vuoti da portare in riparazione a Torino. È proprio quello il treno che sta per passare. La scorta lo sa. E infatti: «Se vi dico treno…».

Video

L'operaio di 22 anni nel video dice: «Questo binario è interrotto?». «Sì, questo sì». «Possiamo bonificarcelo?». «No, passa l’autoscala». Ma mentre discutono su dove intervenire, in quale punto preciso incominciare i lavori, intanto, sono già sui binari. «Mi devi dare un a mano socio», dice Laganà.  Per prima cosa bisogna pulire il tratto sui cui è previsto l’intervento, cioè mettere in evidenza i binari. Togliere tutte le pietre intorno. La squadra sta già lavorando. Si sentono mezze frasi. «Che c***o ne so». «Ahia!». «È rotto».

«Ovviamente l’interruzione è qua». A un certo punto, dietro la palizzata che corre pungola ferrovia, il video inquadra il camion della Si.Gi. Fer con sopra gli attrezzi da lavoro: stanno liberando e preparando la rotaia. Poi useranno il tranciatore, l’incavigliatore e sarà il turno dei saldatori. Kevin Laganà dice: «Buttala sotto, Michael». Sta indicando all’amico, al collega Micheal Zanera, il punto dove accumulare i sassi. «Mario sta guardando».Poi un’altra inquadratura frontale di Kevin Laganà. Si toglie i guanti da lavoro, si riposa qualche istante, gira la telecamera verso i compagni di squadra. «Vai Michael», dice sorridendo Kevin. E in quel momento, con due dita sulla fronte saluta, dice così: «Ciao ragazzi, ci vediamo alla prossima». 

Ore 23:47: la terza telefonata post tragedia

I lavori, senza autorizzazione (negata per ben tre volte), iniziano comunque. Durante la terza telefonata, alle 23.47, arriva il treno che uccide cinque operai. «Tutti morti a Brandizzo! Sono tutti morti». Tutti tranne «la scorta» di Rfi Antonio Massa e il caposquadra di Si.Gi.Fer Andrea Girardin Gibin: «Era l’unico rivolto dalla parte del treno. Ho alzato lo sguardo, ho visto un lampo di luce e mi sono gettato di lato». 
 

Ultimo aggiornamento: 20:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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