Non c'è ancora la chiave del giallo, anche se per la difesa «sono emersi elementi inequivocabili dell'innocenza dell'indagato».
La rimessa ieri mattina è stata passata al setaccio dai carabinieri, atti irripetibili. Presenti i consulenti, i medici Ildo Polidoro di Pescara e Riccardo Di Tanna di Vasto, che hanno assistito anche all'autopsia, Lucio Di Paolo, ingegnere e gli avvocati delle parti, Elisabetta Merlino, per i cinque figli e Claudio Nardone e Fiorenzo Cieri, a difesa dell'inquisito. I militari hanno fotografato e mappato i luoghi, con apparecchiature laser che consentono una ricostruzione tridimensionale. Sul soffitto, sotto le ragnatele, in corrispondenza del punto in cui la salma è caduta, si è cercato l'appiglio a cui la donna, se si fosse tolta la vita, avrebbe dovuto agganciare il cavo elettrico che aveva attorno al collo. E, dai rilievi eseguiti, c'è una pignatta rotta in cui il filo, in momento di estrema disperazione, potrebbe essere stato fatto passare.
«Si è purtroppo trattato di una disgrazia - rimarca Cieri -, di un atto autolesivo da parte della signora perché abbiamo trovato riscontri che conducono verso l'ipotesi del suicidio». E Nardone aggiunge: «Confidiamo, a questo punto, che il caso possa essere risolto in tempi brevi». Più prudente l'avvocato Merlino: «Alcuni elementi - dice - possono in effetti far credere ad un gesto estremo, ma vanno comparati e riscontrati con gli altri a disposizione della Procura. Speriamo che, al più presto, ci sia la definizione Tengo a precisare che, in questo momento, tutti i ragazzi, i figli, sono vicini al papà, perché anche lui sta soffrendo». Serviranno ulteriori accertamenti per dare una svolta al caso, seguito dai pm Serena Rossi e Francesco Carusi. Potrebbe essere disposta una perizia tecnica per capire se quella pignatta fosse in grado di sorreggere il peso della vittima. E c'è attesa anche per i risultati dell'autopsia, effettuata dal medico legale Cristian D'Ovidio, che sta eseguendo esami di laboratorio e tossicologici.