Caso Cucchi, il generale dei carabinieri Nistri scrive una lettera alla famiglia: «Pronti a costituirci parte civile». Responsabilità e chiarezza. A questo fa riferimento il generale Giovanni Nistri, comandante dell'Arma dei carabinieri, in una lettera alla famiglia di Stefano Cucchi dell'11 marzo indirizzata a Ilaria Cucchi e pubblicata oggi sul quotidiano La Repubblica. «Crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di una giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria», scrive il generale Nistri.
«Gentile Signora Ilaria Cucchi, ho letto con grande attenzione la lettera aperta che ha pubblicato sul suo profilo Facebook. - inizia Nistri la lettera - Sabato scorso, a Firenze, nel rispondere a una domanda di una giornalista, pensavo a voi e alla vostra sofferenza, che ho richiamato anche nel nostro ultimo incontro. Pensavo alla vostra lunga attesa per conoscere la verità e ottenere giustizia. Mi creda, e se lo ritiene lo dica ai suoi genitori, abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà». «Abbiamo la vostra stessa impazienza - prosegue Nistri - perché il vostro lutto ci addolora da persone, cittadini, nel mio caso, mi consenta di aggiungere: da padre. Lo abbiamo perché anche noi la stragrande maggioranza dei carabinieri, come lei stessa ha più volte riconosciuto, e di ciò la ringrazio crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di un giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria».
«Proprio il rispetto assoluto della legge - continua il generale - nella lettera ci costringe ad attendere la definizione della vicenda penale. Come vuole la Costituzione, la responsabilità penale è personale. Abbiamo bisogno che sia accertato esattamente, dai giudici, 'chì ha fatto 'che cosà. Nell'episodio riprovevole delle studentesse di Firenze, il contesto era definito dall'inizio. C'erano responsabilità dei militari sin da subito impossibili da negare, almeno nell'aver agito all'interno di un turno di servizio e con l' uso del mezzo in dotazione, quando invece avrebbero dovuto svolgere una pattuglia a tutela del territorio e dei cittadini. In questo caso, abbiamo purtroppo fatti sui quali discordano perizie, dichiarazioni, documenti. Discordanze che saranno però risolte in giudizio. Le responsabilità dei colpevoli porteranno al dovuto rigore delle sanzioni, anche di quelle disciplinari».
«Comprendiamo l'urgenza e la necessità di giustizia, così come lo strazio di dover attendere ancora.