Ex pizzaiolo dormirà in macchina:
«Sono stato umiliato dal Comune»

Sabato 24 Ottobre 2015 di Francesco Campi
(foto d'archivio)
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«Non ho alternative: dal 2 di novembre sarò costretto ad andare a dormire in auto». Fulvio Tirachele, 61 anni a marzo, insieme alla moglie Roberta, 51enne, sta vivendo da anni una vera e propria odissea.

Tutto è cominciato nel 2011 quando ha dovuto chiudere l'attività di pizza a taglio, aperta l'anno prima investendo tutti i risparmi ed anche qualcosa di più. «Mi sono improvvisamente trovato senza lavoro e senza soldi: non ho più potuto pagare l'affitto ed a fine anno sono stato sfrattato». In tre anni anni ha cambiato sette volte casa. Il Comune di Rosolina in passato lo ha aiutato versandogli qualche somma per sostenere parte dell'affitto, mentre per le bollette e le spese quotidiane si è arrangiato in qualche modo, appoggiandosi anche a parenti ed amici.

Durante la scorsa estate e quella appena conclusa è riuscito a lavorare per la stagione come pizzaiolo. «Guadagnavo abbastanza da potermi permettere un affitto per l'estate, ma a settembre è tutto finito ed io e mia moglie siamo stati costretti a chiedere ospitalità ad un'amica dal cuore grande che già in passato ci aveva accolto. Nelle prossime settimane mia moglie dovrà sottoporsi ad un intervento chirurgico. Un tumore benigno. Per un po’ la nostra amica continuerà ad ospitarla, ma ospitare anche me per lei è difficile: ora dormo nel letto di suo figlio, costretto a stare sul divano».



Carico di speranza mercoledì Fulvio si è presentato all'appuntamento con il sindaco: «Pensavo trovassero una soluzione, invece non solo non è stato così ma hanno anche calpestato la mia dignità. Ho atteso più di due ore, poi mi hanno accusato di aver sbagliato ad aprire la pizzeria e infine mi hanno detto che sono malato di gioco e che spendo i soldi alle macchinette. Ma quali soldi?».



In passato, ammette, qualche problema l'aveva avuto. «Ma ora è da un po’ che non mi ci avvicino, invece il sindaco e la responsabile dei servizi sociali hanno detto che potrebbero darmi 250 euro al mese se andassi al Sert per farmi curare. È offensivo: non mi hanno creduto, mi hanno trattato come un cane. E comunque quella cifra non risolverebbe i problemi: ho bisogno di un tetto. Per i profughi si trovano soluzioni, per me no».



Nella graduatoria delle case popolari la coppia è ventesima. «Non so che cosa fare, andrò a vivere in auto. Parcheggerò davanti al municipio, con dei cartelli, così ogni giorno la mia situazione sarà di fronte a loro».
Ultimo aggiornamento: 16:41
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