Spie ucraine contro i russi, l'ex modella e la barista. «Ho imparato su Google come uccidere»

Per scacciare le forze occupanti, gli abitanti di Kherson si sono trasformati in agenti segret

Sabato 4 Marzo 2023 di Francesca Pierantozzi
Spie ucraine contro i russi, l'ex modella e la barista. «Ho imparato su Google come uccidere»

Un anno fa, il 2 marzo 2022, i russi entravano a Kherson. Ci sono rimasti otto mesi. «In quegli otto mesi abbiamo perso un pezzo di umanità» racconta oggi il marito di Irina Kabycheva.

Lo dice con rassegnazione, ma senza rimpianti. Sua moglie, casalinga, 42 anni, madre del loro unico figlio Timur, per esempio, si è trasformata in una spia di terribile efficacia. Grazie alle sue informazioni, che inviava in codice mentre passeggiava col ragazzino, le forze ucraine hanno potuto bombardare gli hotel trasformati in quartier generali dai russi. Uccidendone a decine.

LE INFORMAZIONI

In quegli otto mesi è diventata una specie di Mata Hari anche Anastasia Burlak, 33 anni, bel viso ovale, tatuaggi, barista: dietro al bancone del suo locale serviva scotch e cocktail al nemico, e intanto passava informazioni all’amico 28enne Nedostup, nella vecchia vita un hipster laureato in sociologia impiegato in una fabbrica che produce pezzi di ricambio per auto: in quegli otto mesi ha imparato a uccidere («ho fatto una ricerca su Google», ha detto qualche settimana fa in un’intervista) e ha sgozzato diversi soldati russi, la maggior parte usciti ubriachi dal bar pizzeria di Anastasia. Come il marito di Irina (lui il nome preferisce non dirlo), né Anastasia, né Nedostup, né nessun altro rimpiange quell’umanità perduta che ha trasformato da un giorno all’altro ragazzi, ragazze, casalinghe, padri di famiglia, rocker o tassisti, in delatori, killer e spie.

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Secondo la Nato, i morti tra i soldati ucraini dall’inizio del conflitto sono 200mila. Kherson è stata la più importante città caduta in mano nemica, e poi liberata. Oggi, dicono tutti, le strade restano silenziose, anche se le bandiere ucraine sono tornate a sventolare. Tanti se ne sono andati e non sono tornati. Le bombe continuano a cadere, ovunque, quasi a caso, lanciate dai russi oltre il Dnepr. Anastasia ha trovato il coraggio di raccontare la sua storia al britannico Telegraph. La foto la ritrae radiosa, bella. Più bella delle foto di prima, quando sembrava più giovane, più spaurita, ma più “normale”. Quegli otto mesi in cui è diventata un’altra, li porta in una serie di tic nervosi che non se ne vanno. Li ha guadagnati sul campo, quando inviava messaggi via Instagram, tutte informazioni ricavate restando dietro al bancone a servire il nemico, a spiare le divise, i gradi, a cercare di carpire nomi, informazioni sui loro alloggi.

Aveva anche trovato un nome in codice, «Negroni», da usare in caso fosse stata catturata. Nedostup avrebbe saputo che doveva cancellare tutto, buttare il telefonino, scomparire. «Per fortuna, non ho mai dovuto usarlo» dice Anastasia. «Ricordo la prima volta che sono entrati i russi nel locale, le mie mani che tremavano mentre li servivo, quanto ero spaventata» ha raccontato al Telegraph: «Ma ero anche arrabbiata: come hanno osato occupare la nostra terra, decidere per noi? Ho trasmesso tutte le informazioni che potevo: quanti soldati c’erano, quanti veicoli, e tutti i particolari che potevo carpire sui comandanti».

LA CITTÀ OCCUPATA

Quelli di Kherson che sono rimasti, hanno imparato quasi subito a vivere in una città occupata. E tanti hanno deciso di entrare in resistenza. Quasi tutti hanno imparato a inviare messaggi in codice, a nasconderli tra le foto dei figli e dei gatti sui social network. A imprimere i particolari che potevano essere utili alle forze ucraine. Una delle soffiate di Irina è servita a radere al suolo il Ninel, un hotel del centro dove si era sistemato il comando delle forze russe. Lei aveva visto che anche il ristorante Don Marco era diventato un quartier generale, ma quello gli ucraini l’hanno risparmiato: avrebbero rischiato di fare una strage anche tra i civili. Anche Mykhaylo, (nome di battaglia), 30 anni, si è trasformato in un baleno in un informatore: ha continuato a fare il tassista nella città occupata, comunicando così in tempo reale dove si trovavano le forze russe. «Gli obiettivi – ha raccontato - venivano distrutti nel giro di venti minuti dopo che li avevo indicati». 

Addirittura il doppio gioco avrebbe fatto la popolare @Maneken007 (Modella 007, così su Instagram), al secolo Oksana Voloshchuk, 30 anni, influencer e blogger. Era finita nella lista nera di Myrotvorets, il sito controllato dai servizi ucraini che pubblica nomi e cognomi di cittadini considerati «nemici della patria» (molti dei quali finiti uccisi): secondo i servizi, Maneken era al soldo dei russi e aveva sostenuto l’annessione della Crimea. Lo scorso ottobre ha però ricevuto un’onorificenza proprio dal capo dell’intelligence ucraina Budanov, per «i servizi resi collaborando con la polizia militare».

 

Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 09:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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