Israele, tre ministri pronti a lasciare Netanyahu. «Paese impreparato, lui è responsabile»

Le divisioni che avevano spaccato il Paese con le manifestazioni per 40 settimane consecutive certamente restano o si allargano

Martedì 24 Ottobre 2023 di Raffaele Genah
Israele, tre ministri pronti a lasciare Netanyahu. «Paese impreparato, lui è responsabile»

Per ora è solo uno scricchiolio. E difficilmente in una situazione così grave come questa partorirà qualche conseguenza immediata. Ma già il fatto che un giornale israeliano autorevole come "Yediot Ahronoth" scriva che tre ministri sarebbero pronti a dimettersi dal governo, è una spia da tenere presente nella difficile opera di equilibrismo che sta tentando Netanyahu.

Un'arte, peraltro, da lui raramente praticata nella lunga carriera che ne ha fatto il premier più longevo di Israele. Nomi dei possibili dimissionari non vengono fatti, ma il pensiero corre ai partiti dell'ultradestra nazionalista e religiosa che hanno spinto il governo su posizioni estreme. Ma non solo a loro: ci sarebbe chi spinge per una piena assunzione di responsabilità da parte di Netanyahu, come hanno già fatto capi militari e dei servizi. Secondo un sondaggio di Maariv è quanto si aspetta l'80% degli israeliani.

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L'IMPOPOLARITÀ

Il primo gallo a cantare comunque è stato Ben Gvir che però premette di non voler uscire dalla maggioranza ma chiede al premier di allargare il gabinetto di guerra anche «ad un altro partito della coalizione» e non nasconde la sua insoddisfazione per esserne escluso. Proprio lui, che da Netanyahu ha ottenuto il ministero della Sicurezza, pur non essendosi mai occupato della materia e non avendo nemmeno fatto il militare perché considerato "soggetto a rischio" per le sue idee e le sue "intemperanze". Non è ancora chiaro chi potrebbero essere gli altri due. Di certo l'immagine del governo è in caduta libera dopo i tragici fatti del 7 ottobre. Secondo un sondaggio diffuso dallo stesso quotidiano, il 75 per cento degli israeliani attribuisce la colpa del disastro politico-militare a Netanyahu. E se si leggono i numeri della ricerca dell'Israel democracy institute, il calo della fiducia nel premier sarebbe perfino maggiore tra gli elettori di destra. Attualmente l'indice di fiducia nel governo sarebbe sceso da giugno di 8 punti e si attesterebbe al 20%, il livello più basso degli ultimi 20 anni. Nonostante la dèbacle resta invece alta, l'87%, la fiducia degli israeliani verso il "loro" esercito. È calata invece la stima verso gli alti gradi, ormai al 45%.
Al di là dei sondaggi comunque la politica vive come in una bolla sospesa. Le divisioni che avevano spaccato il Paese con le manifestazioni per 40 settimane consecutive certamente restano o si allargano - ma il pensiero comune in Israele è tutto rivolto agli oltre 200 ostaggi (numero che continua a crescere) e a come liberarli. Quasi la metà degli israeliani chiede di trattare per riportarli a casa. I conti si faranno dopo: così è stato anche per la guerra del Kippur che ha segnato la fine del governo di Golda Meir e Moshe Dayan, eroe della guerra dei Sei Giorni. Lo smacco in questo caso è stato anche maggiore di allora e le scelte che il governo dovrà fare si rivelano ancora più difficili. Mentre crescono le pressioni internazionali.
Ultimo aggiornamento: 11:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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