Dustin Hoffman choc in tv: «I miei uccisi nei gulag in Russia»

Venerdì 11 Marzo 2016
Dustin Hoffman

Un nodo alla gola che quasi gli toglie il respiro, un momento di silenzio e poi la voce rotta dal pianto.

Protagonista della scena è Dustin Hoffman, ma questa volta non si tratta di un film, bensì della realtà.
 


Una realtà amara per l'attore 78enne, quella di aver scoperto che la sua famiglia è stata vittima dell'orrore dei campi di concentramento sovietici agli inizi del XX secolo. Una scoperta fatta durante la trasmissione in onda su Pbs, 'Finding your Roots' (Alla scoperta delle tue radici) e una verità tenutagli nascosta dal padre.

Durante la trasmissione si vede Hoffman mentre scorre con gli occhi un documento dell'immigrazione americana risalente agli anni '30. «Si certifica - legge - che la persona sopradescritta questo giorno è stata esaminata e trovata affetta dalle seguenti (patologie, ndr): demenza senile, amputazione dell'estremita
«superiore sinistra, dotata di protesi e ipovedente». Quella persona era la sua bisnonna Libba. «Wow, wow» - esclama Hoffman visibilmente scioccato. Interviene il conduttore: «È chiaro che quando è arrivata a New York, aveva seri handicap fisici, ma questa non l'ha fermata. Questa è l'eroina del tuo albero genealogico, Libba». «Perchè dobbiamo cancellare tutto questo?», commenta a questo punto Hoffman.

«Come dici tu, era un'eroina», aggiunge. Poi scoppia in lacrime. E con la voce rotta continua: «Oggi le persone mi chiedono: cosa sei? E io rispondo: Sono un ebreo, e tutti sono sopravvissuti perché io ora sia qui». Durante lo show, l'attore ha appreso che la sua bisnonna è sopravvissuta a cinque anni trascorsi in un gulag. Il marito e il figlio furono invece uccisi dalla polizia segreta sovietica dopo lo scoppio della guerra civile nel 1917. All'epoca gli ebrei erano presi di mira e la famiglia di Hoffman viveva in una zona che ora è l'Ucraina. L'esame medico da lui letto fu compilato a Ellis Island, dove Libba sbarcò nel 1932, combattendo contro ostacoli inimmaginabili per entrare negli Stati Uniti. All'epoca aveva già 62 anni e aveva appunto perso un braccio e vedeva poco.

Sempre secondo i documenti ritrovati, dopo essere riuscita a sfuggire ai gulag, la donna era andata in Argentina e da lì verso gli Stati Uniti dove con la sua famiglia si stabilì a Chicago. Morì nel 1944 all'età di 76 anni. Riguardo alla verita« tenutagli nascosta dal padre, riflettendo, Hoffman ha detto che forse il genitore voleva solo proteggere la sua famiglia dalle tragedie alle quali invece non erano riusciti a scampare il nonno Frank e il bisnonno Sam Hoffman.
«Chissa - continua - mio padre avrebbe potuto essere in lacrime e mentre afferrava la gamba del padre dire: 'Papà per favore non andarè. Povero papà». Hoffman ha poi detto che l'aver appreso la storia della sua famiglia lo ha fatto avvicinare alle sue radici ebree.

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