Unione europea, fondi a Kiev, accordo in Europa
Firma anche Orban, 50 miliardi fino al 2027

«C'è voluto del duro lavoro», assicura una fonte europea

Giovedì 1 Febbraio 2024
Ue, accordo sui 50 miliardi a Kiev: firma anche Orban. Tusk: «L'era dell'ambiguità è ormai finita»

BRUXELLES La svolta arriva pochi minuti prima che Charles Michel suoni la campanella che dà inizio al summit europeo straordinario, uno dei più brevi di sempre. I vertici Ue, con la mediazione condotta sottotraccia da vari leader a cominciare da Giorgia Meloni, convincono Viktor Orbán nelle trattative ristrette a margine e liberano i 50 miliardi di euro di aiuti promessi all’Ucraina per i prossimi quattro anni (33 sono prestiti agevolati, 17 sussidi; serviranno per consentire allo Stato di funzionare, a pensioni e stipendi di esser pagati).

Si sblocca così uno stallo che durava dal vertice di metà dicembre, quando il premier ungherese s’era messo di traverso impedendo l’unanimità necessaria ad approvare la misura all’interno della procedura di revisione del bilancio Ue.

Niente scontro frontale o “piani B” a 26: dopo una serie di contatti bilaterali nella notte e in piccoli gruppi al mattino, alla fine Orbán cede.

In cambio ottiene qualche cautela: l’ok dato ora non si rimette in discussione, ma il piano per Kiev sarà soggetto a un dibattito annuale (senza voto e senza veto) alla luce del monitoraggio effettuato dall’esecutivo Ue, e si prevede che, «se lo riterrà necessario, fra due anni, il Consiglio europeo potrà invitare la Commissione a presentare una proposta di revisione» del fondo nel contesto del prossimo budget settennale, che partirà nel 2028. All’unanimità, tuttavia; il che ribalta il tavolo e lascia Orbán - uno contro 26, ultimo presidio filo-Cremlino nell’Ue - col cerino in mano; ma non gli impedisce di rivendicare, sui social media, «che abbiamo ottenuto la garanzia che i soldi ungheresi non finiranno in Ucraina».

Il premier ungherese strappa pure un nuovo inciso in fondo alle conclusioni del summit: dopo giorni di forti tensioni e velate minacce per togliere il diritto di voto a Budapest o, persino, far tremare i mercati, la desistenza porta con sé, invece, una sponda per ribadire il perimetro limitato della discrezionalità di Bruxelles nel tenere sotto scacco i soldi destinati all’Ungheria. L’applicazione del meccanismo sulla condizionalità (quello, cioè, che subordina il pagamento dei fondi Ue al rispetto di stato di diritto e libertà fondamentali, e che per ora tiene congelati 6,3 miliardi della ventina di finanziamenti Ue ancora bloccati per l’Ungheria) deve essere «proporzionata all’impatto che la violazione ha sulla corretta gestione delle finanze Ue» e non può basarsi sulla mera esistenza di un’infrazione.

La partita, insomma, è tutta politica, visto che da un punto di vista tecnico poco o nulla è cambiato rispetto a due mesi fa, spiegano i tecnici di Bruxelles. Nel mezzo, semmai, è intervenuta una decisa irritazione da parte della maggioranza delle capitali, frustrate - raccontano numerosi diplomatici - dal ricatto dell’uomo forte di Budapest. Da qui l’infinita mediazione dei leader alla ricerca del compromesso, e conclusasi con la fumata bianca dopo che all’incontro risolutivo di Orbán con Michel, Ursula von der Leyen e il trio italo-franco-tedesco Meloni, Macron e Scholz erano stati invitati pure lo spagnolo Pedro Sánchez e il polacco Donald Tusk. «La decisione di oggi - ha detto Michel al termine del vertice - invia un messaggio agli ucraini quanto alla nostra determinazione a sostenerli, alla Russia, perché non ci facciamo intimidire, e anche agli Usa e agli altri partner alleati di Kiev». 


WASHINGTON
La Casa Bianca, raccontano fonti diplomatiche, non ha perso tempo a chiamare Bruxelles: vista da Washington, infatti, l’Europa ha mantenuto fede agli impegni, ha appianato le divergenze e fatto la sua parte nel sostegno a Kiev; un dato che a Joe Biden serve per tornare a invocare la sponda bipartisan dei repubblicani del Congresso, che continuano a tenere in ostaggio il finanziamento americano. Esulta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in collegamento video con i Ventisette, ma guarda già al prossimo passo: l’Ue deve mantenere la promessa e inviare più armi, «non meno di 5 miliardi di euro all’anno per i prossimi quattro anni». La Corea del Nord fornirà «un milione di munizioni alla Russia» - ha messo in guardia - e pure questa è una corsa che l’Ue «non può permettersi di perdere». Accanto ai 50 miliardi per l’Ucraina, la revisione del bilancio pluriennale (la prima nella storia Ue) aggiunge anche quasi 10 miliardi al capitolo migrazione e 1,5 agli investimenti in difesa attraverso la nuova piattaforma Step, quel che rimane (per ora) dell’idea di un fondo Ue per la sovranità industriale. 
 

L'Europa supera gli Usa per aiuti civili a Kiev, la svolta con l'approvazione del Fondo per l'Ucraina

 

Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 08:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci