In Italia è emergenza pesce: il nostro Paese ha dovuto dire addio a quattro imbarcazioni su dieci negli ultimi 35 anni con un impatto devastante su economia e occupazione di un settore cardine del Made in Italy, ora ulteriormente aggravato dall'emergenza Covid. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti Impresapesca diffusa in occasione della Giornata mondiale degli Oceani con cambiamento climatico che colpito alcuni dei più importanti ecosistemi marini con conseguenze su pesca e turismo e sul consumo di pesce, elemento essenziale della dieta mediterranea.
Sono apparse nuove specie non comuni nel Mediterraneo e stanno diventando rare specie fino a ieri comuni nei nostri mari. Pesci, come ad esempio le alacce o la lampuga, sino a qualche anno fa scarsamente presenti a certe latitudini, sono oggi diffusamente presenti nelle acque del centro-nord Adriatico e del Tirreno, mentre sono andate in sofferenza specie tradizionali come le sardine o le alici, messe in crisi dall'innalzamento delle temperature. Gli effetti combinati del surriscaldamento i cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia sempre più asfissiante hanno ridotto il numero dei pescherecci italiani ad appena 12mila unità - denuncia Coldiretti - mettendo a rischio il futuro del comparto ma anche la salute dei cittadini poiché con la riduzione delle attività di pesca viene meno anche la possibilità di portare in tavola pesce Made in Italy, favorendo gli arrivi dall'estero di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelle tricolori.
I numeri della crisi
A peggiorare ulteriormente la situazione ha contribuito - spiega Coldiretti - la pandemia con il crollo di oltre il 30% degli acquisti di pesce da parte della ristorazione dall'inizio dell'emergenza sanitaria, peraltro reso più pesante dalle chiusure di aprile.