Dal Quirinale spuntano nuove meravigle: scoperti affreschi della seconda metà del 600

Martedì 29 Gennaio 2013 di Fabio Isman
Dal Quirinale spuntano nuove meravigle: scoperti affreschi della seconda metà del 600
ROMA - Qui c’era, gi nei primi anni del Seicento, l’ingresso, autonomo, ai giardini; ed era un portico di cui restano tre campate; lo si ammira pure in una grande veduta di Giovanni Maggi, del 1612, spiega Maria Angela San Mauro, architetto che lavora all’Ufficio per la conservazione del patrimonio artistico del Quirinale. Non siamo sulla piazza, ma dalla parte che confina con l’attuale via del Quirinale che poi diventa XX Settembre, e un tempo era via Pia: vicino a dove inizia la Manica lunga, l’ampliamento già cominciato da Bernini nel Seicento, ma poi concluso da Francesco Fuga un secolo dopo. I giardini e l’aria salubre del Colle più alto dell’Urbe erano i motivi che avevano portato quassù i papi: nella Vigna del cardinal Oliviero Carafa, poi affittata da Ippolito d’Este. Il primo a stabilirvi la propria residenza era stato Gregorio XIII Boncompagni (1572 - 85): seguiranno ampliamenti e rimaneggiamenti continui; oggi il Quirinale è un palinsesto della storia italiana, dai papi ai re, alla Repubblica: ciascuno vi ha lasciato il proprio segno.



«Ed è incredibile quante sorprese questo luogo riesca a riservarci ancora», spiega l’archeologo Louis Godart, che è consigliere del Presidente Napolitano per la conservazione del patrimonio d’arte e cultura. «Questo era un angolo del palazzo e dei giardini abbastanza dimenticato», continua; nel passato, qualcuno voleva ricavarne perfino il deposito per le immondizie. Invece, sulle pareti di tre fornici sono riapparsi grandi affreschi della seconda metà del Seicento: alte statue su piedestalli, sullo sfondo di una verzura; un paesaggio la cui cascata fa evidente riferimento a Tivoli; personaggi interpretati come Minerva, Cerere, una baccante, Nerone, una Diana, sempre sullo sfondo del verde.



I DISEGNI DI GRIMALDI

«Al British Museum, ho trovato un disegno preparatorio del 1658: è di Giovan Francesco Grimaldi», dice San Mauro. E al Louvre una scultura, Nerone, che è la medesima dipinta qui. Grimaldi, bolognese forse del 1605 e morto a Roma nel 1680, in città vive a lungo almeno due volte: nel 1632, quando con Agostino Tassi decora il corridoio di Urbano VIII, papa Barberini, e poco dopo entra nell’Accademia di San Luca, di cui diverrà Principe nel 1635; e di nuovo dal 1651 in poi. Durante questo decennio, è attivo nel palazzo dei papi; in quello Borghese; a villa Falconieri a Frascati, e in tante chiese della Capitale. In precedenza, con l’Algardi, aveva lavorato anche a Villa Pamphili; poi, era andato a Parigi, come pittore del duca d’Orleans.



«Ancora nel 1846, si descriveva questo angolo del palazzo come un portico con boscareccia», dice Godart, «e se sulla volta vi sono affreschi più tardi, una voliera forse sorta nell’Ottocento e Gregorio XVI Cappellari deve avervi fatto mettere mano, gli scialbi, che erano rimasti, dovevano per forza nascondere qualcosa: già i primi saggi ci hanno dato ragione». In uno degli affreschi si vede un rudere «che c’è già nel disegno preparatorio», dice San Mauro. Alberi con i rami contorti si incrociano tra loro: bellissimi quelli di pomi con i frutti. Non lontani una fontana dagli spruzzi ad effetto e una volta affrescata che risale fino a Ippolito d’Este, precede perfino la nascita del Quirinale. Qui, ci dice un’incisione di Giuseppe Vasi a metà Settecento, erano ospitati l’abitazione del Maggiordomo di Palazzo e i primi acquartieramenti della Guardia svizzera.



DUE GRANDI PAPI

«Siamo a cavallo di due grandi pontefici, che hanno fatto parecchio per il palazzo», ricapitola Godart: «Alessandro VII Chigi muore nel 1667, dopo aver creato un gioiello: la galleria cancellata in età napoleonica ma ormai riscoperta, con gli affreschi pensati da Pietro da Cortona, dipinti dai suoi collaboratori; e Clemente XII Corsini fa completare da Ferdinando Fuga la Manica lunga, conferendo al palazzo un aspetto che è ancora l’attuale; a sospenderne i lavori era stato il suo predecessore, Benedetto XIII Orsini». Fuga, conterraneo del papa, nominato Architetto dei sacri palazzi apostolici, completa l’intera edilizia circostante: dalle Scuderie iniziate da Alessandro Specchi, al palazzo della Consulta, che conclude la sistemazione del Colle.

L’ingresso ai giardini dall’allora Via Pia era già stato cancellato; anche se quasi a metà del Seicento, Urbano VIII Barberini, acquistando parti ancora private, aveva non di poco incrementato l’estensione del verde, spingendolo quasi fino all’incrocio con via Quattro Fontane. E’ lui che a scopo anche difensivo, elimina il secondo portone: sulla via, diciamo così, laterale. Ma il portico rimane; e verrà affrescato. Sul sommo, è lo stemma di Paolo V Borghese: il predecessore di Urbano, cui si deve quest’ala del palazzo, affidata prima a Flaminio Ponzio, poi a Cesare Maderno. «Un altro brano del passato che viene riscoperto: era un peccato lasciarlo sotto un anonimo e inelegante intonaco, vero?», conclude Godart.
Ultimo aggiornamento: 13:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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