Piccola patria, tutto il nero del Nordest
con lo sguardo duro di Rossetto

Venerdì 9 Agosto 2013 di Adriano De Grandis
Una scena di Piccola patria
VENEZIA - Prepariamoci: molto pi duro di Drenmatt, lo scrittore svizzero che ha scoperchiato come nessun altro il vaso di Pandora elvetico, sfrondandone ogni idilliaca visione di mucche, latte e cioccolato e alzandone il fango e il marcio che covava sotto. "Piccola patria", il film del padovano Alessandro Rossetto, primo lavoro di fiction a 50 anni, dopo un’illustre carriera di documentarista, a Venezia in "Orizzonti", è il "The dark side of Nordest", un territorio-enclave, non propriamente definito, nè geograficamente, né linguisticamente.



Una vicenda torbida di due ragazze, che sognano di diventare ricche e per questo ricattano sessualmente un adulto, coinvolgendo l’ignaro fidanzato albanese di una di loro. Si parla veneto (e albanese: entrambi con sottotitoli), ma è un veneto misto con influenze varie, non si capisce dove siamo. Spiega il regista: «In qualche modo è un film che racconta una storia in termini classici e i personaggi rispondono a degli archetipi. Storie contemporanee che potrebbero accadere in ogni periferia. Da qui la necessità di questa vaghezza. Anche il territorio lo è, spesso ripreso dall’alto, indefinibile. E poi lascia anche a una "libertà degli attori", di grande spontaneità, molto lontana allo stile americano.



Ecco: ok per Dürenmatt, ma il modello di cinema è Cassavetes, anche se chiaramente i nostri stili poi sono diversi. Mi piace considerare il film come postmoderno per alcuni accostamenti». Barbera l’ha chiamata in "Orizzonti", grande soddisfazione: «Sì, non c’è dubbio. Anche perché il resto della compagnia alla Mostra è molto interessante, frutto di scelte coraggiose da parte del direttore».



Nei suoi lavori precedenti c’era spazio per l’ironia, qui no: «Ssi tratta di una storia altamente drammatica, dove tutti i personaggi alla fine del tragitto non sono più come prima. Un film con una sua violenza, che diventa parabola del cambiamento». Cinema di anime, ma anche di corpi: «La ricerca attoriale si è basata anche su questo. È un film di corpi, perché sono soprattutto loro a narrare direttamente la storia, che sfocia nel finale nel melò».



Un paio di passaggi potrebbero scatenare polemiche sulla Lega e per le bestemmie che ogni tanto echeggiano: «Dalla Lega non mi aspetto polemiche. Nel film siamo "oltre" e i personaggi sono assai più disperati dei proclami. Sulle bestemmie ci siamo interrogati, ma nel Veneto è un leit-motiv ricorrente e mi sembra che nel quadro cinematografico proposto possano essere accettate, non sono sguaiate, ma tutt’uno con il linguaggio dei personaggi».
Ultimo aggiornamento: 17:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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