Rigopiano: udienze, tattiche, rinvii. Il processo infinito finalmente al capolinea a sei anni dalla tragedia

A quasi quattro anni dal primo impatto con l’aula è giunto il momento della verità Scontro sulle cause della tragedia tra i pm che hanno chiesto in totale 151 anni e le difese

Mercoledì 22 Febbraio 2023 di Stefano Buda
Rigopiano: udienze, tattiche, rinvii. Il processo infinito finalmente al capolinea a sei anni dalla tragedia

È scattato il conto alla rovescia in vista della sentenza del processo sul disastro dell’Hotel Rigopiano e sul relativo depistaggio. Domani, dopo oltre sei anni di attesa, sarà emesso il giudizio di primo grado. È il primo approdo di un percorso, lungo e accidentato, che inevitabilmente sarà destinato a proseguire negli altri due gradi di giudizio. Un cammino iniziato quel tragico pomeriggio del 18 gennaio 2017, quando una valanga spazzò via il resort, provocando la morte di 29 persone e lasciando sul campo 11 superstiti. Immediatamente scattarono le indagini, che risultarono lunghe e travagliate, anche alla luce della complessità della materia.

Dopo qualche mese si aprì il capitolo del presunto depistaggio, che si tradusse in un’inchiesta bis, poi confluita nel procedimento madre. Un nuovo colpo di scena si ebbe con lo scontro senza precedenti, tra i vari corpi dello Stato che avevano preso parte alle indagini, causato da una serie di equivoci e favorito da qualcuno che aveva interesse a mestare nel torbido.


L’ESORDIO In questo clima il 16 luglio 2019, esattamente due anni e mezzo dopo la tragedia, si tenne la prima udienza preliminare davanti al gup Gianluca Sarandrea. Ne seguirono molte altre e i tempi, anche a causa di una quindicina di rinvii, causati da scioperi, pandemia ed altri problemi di natura tecnica, finirono per dilatarsi a dismisura. Poi, finalmente, arrivò la svolta: tutti i 29 imputati, più la società Gran Sasso resort & Spa, nel luglio del 2021 optarono per il rito abbreviato. Una scelta che ha compresso notevolmente i tempi e che, anche grazie alla decisione del giudice di intensificare il ritmo delle udienze, ha consentito di completare la discussione con relativa rapidità. Qualche imputato, forse, si sarà pentito di avere fatto ricorso all’abbreviato. Se è vero, infatti, che tale rito comporta lo sconto di un terzo della pena e consente di chiudere in tempi stretti i propri conti con la giustizia, è vero anche che le richieste di condanna, avanzate dalla Procura nel novembre scorso, costituiscono un autentico salasso: oltre 151 anni di carcere, in totale, per 25 imputati e solo quattro richieste di assoluzione.


IL DETTAGLIO Si va dai 12 anni di reclusione per l’ex prefetto Provolo, agli 11 anni e 4 mesi per il sindaco Lacchetta, via via fino alle pene più contenute per le posizioni più marginali. Richieste che le difese ritengono sproporzionate, soprattutto per reati colposi. Per la Procura e le parti civili, però, occorre tenere conto della portata delle conseguenze: 29 vite spezzate e superstiti con traumi fisici e psicologici che difficilmente il tempo consentirà di riassorbire. Le tesi contrapposte, al netto delle differenze, comunque sostanziali, legate alla posizione di ogni singolo imputato, appaiono piuttosto chiare: da una parte c’è la Procura, che ha messo a nudo «le molteplici responsabilità addebitabili a Comune, Provincia, Regione e Prefettura, ovvero quegli enti – ha detto il pm Benigni nel corso della sua requisitoria – deputati a perseguire l’interesse collettivo e che invece hanno dato vita a quella lunga concatenazione di errori ed omissioni», che sarebbe alla base del disastro di Rigopiano. Per la Procura, in sostanza, ogni imputato ci avrebbe messo del suo. Ognuno si sarebbe reso protagonista di omissioni e negligenze, soprattutto in riferimento al mancato invio dei soccorsi, per porre fine all’isolamento del resort e consentire agli ospiti di lasciare la struttura. Più articolate le posizioni delle difese, che in parte hanno dato vita ad uno scaricabarile tra imputati, in altri casi hanno fatto leva sull’imprevedibilità della valanga e sulla contestuale incidenza del sisma, e in altri casi ancora hanno evidenziato come «l’evento dannoso, al centro del giudizio di prevedibilità, in realtà non riguardi l’isolamento dell’hotel ma l’accadimento distruttivo». A Rigopiano, questo è certo, molte cose non hanno funzionato: ci furono approssimazione e caos organizzativo ad ogni livello, e la gestione dell’emergenza maltempo di quei giorni risultò oggettivamente inadeguata. Le conseguenze, tuttavia, andarono al di là dell’immaginabile. Alla luce di tutto questo: chi sarà chiamato a pagare? Quanto e con quali motivazioni? Ancora poche ore e arriveranno le prime risposte.
 

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