«Durante la seconda guerra mondiale i soldati tedeschi volevano portarmi via dalla mia casa.
Nessuno fiata, qualcuno piagnucola, ma non Matilde che - racconta - li apostrofa: «Che volete? Ladri». La reazione dei soldati è immediata, la prendono uno per un braccio e uno per l'altro e tenendola stretta si avviano verso l'uscita. «In sottoveste, scalza - sussurra Matilde, nella voce ancora la rabbia dell'umiliazione -». Ma la ragazza che aveva avuto il coraggio di apostrofare i soldati non ha intenzione di subire un destino ingiusto senza lottare. «Lasciatemi - grida - voglio stare a casa mia». A darle manforte la mamma Angelina che piangendo corre dietro ai due uomini tenendo in braccio Mirellina, la figlia più piccola. «Mamma - racconta Matilde - gridava "è mia figlia, lasciatela qui, è mia figlia"». C'è trambusto in casa, e le grida attirano l'attenzione di un ufficiale si prende la briga di andare a vedere che sta succedendo. Davanti alla scena, ordina ai militari di lasciare la ragazza. E Matilde, inaspettatamente libera, scappa via come il fulmine. «Ho iniziato a correre verso la macchia - racconta - scalza e bell'è nuda com'ero. Senza girarmi mai indietro. Sono rimasta nascosta nel bosco fino a sera. Fino a quando non ho sentito la voce di mamma che mi cercava per dirimi di tornare a casa». Dopo la guerra Matilde si è sposata con Orlando ed è andata a vivere a Narni. Di San Cristoforo oggi conserva alcune foto appese in salotto che la ritraggono insieme ai genitori e ai fratelli, prima della guerra. «Con il passare degli anni - raccontano il figlio Mauro e la moglie Graziella che vivono con lei - sempre più spesso racconta avvenimenti più lontani nel tempo, dimenticando magari quelli più recenti. Ma questo dei soldati l'ha raccontato sempre, oggi più che mai».