Elezioni Sardegna, Meloni e il centrodestra: «Impareremo dagli errori. Il consenso non è calato»

La telefonata del premier alla nuova governatrice Todde per complimentarsi

Mercoledì 28 Febbraio 2024 di Francesco Malfetano
Elezioni Sardegna, Meloni e il centrodestra: «Impareremo dagli errori. I consensi non sono calati»

«Siamo rammaricati», «ragioneremo insieme sui possibili errori commessi» e «continueremo a lavorare imparando dalle nostre sconfitte come dalle nostre vittorie». Firmato Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il day after dello scrutinio sardo è un giorno di profili bassi e musi lunghi ai vertici dell’esecutivo. Il concetto è espresso in una nota congiunta, nata dopo rapido consulto: «L’ottimo risultato delle liste della coalizione di centrodestra, che sfiorano il 50% dei voti, non si è tramutato anche in una vittoria per il candidato presidente» si legge, fotografando a forza un bicchiere mezzo pieno: «Da queste elezioni, dunque non emergerebbe in Sardegna un calo di consenso per il centrodestra».
Certo, la tribolazione pare evidente.

E non consente alla premier di «lanciarsi nelle danze» a cui è invitata a sera alla cena della Stampa estera. Ma dura il tempo di un amen in Parlamento. E pure in Abruzzo. Dove Salvini, un attimo prima che le virgolette congiunte dettino la linea, dice: «Quando cambi un candidato in corsa è più complicato. Vale anche per un sindaco. Ma non sarò mai quello che, quando le cose vanno bene, è merito mio e quando le cose vanno male è colpa degli altri». Anzi, a Roma l’emanazione più diretta del Capitano, Davide Crippa, ci mette pure il carico. «Purtroppo non sapremo mai se con Christian Solinas avremmo vinto» dice. «Lega e Psd’az sono cresciute, la sconfitta semmai è nata nelle grandi città» aggiunge, rigettando le ricostruzioni di chi sostiene che avrebbero «coordinato il voto disgiunto» e disconoscendo Paolo Truzzu, nome «sbagliato» che «hanno candidato loro, non abbiamo». 

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L’ERRORE

La chiave di tutto, oggi, è proprio Truzzu. «Ho perso io e non Giorgia» è l’assunzione di responsabilità dell’ex sindaco di Cagliari che, confessa, non ha ricevuto da Meloni neppure una telefonata. A differenza di Alessandra Todde, a cui la premier fa i suoi complimenti, lasciando che cresca negli alleati l’idea che Truzzu sia diventato simbolo e monito degli eccessi meloniani. 

Un «possibile errore» su cui però a via della Scrofa non sono così disposti al mea culpa. «In politica i tempi contano» dice il capogruppo di FdI a Montecitorio Tommaso Foti, alludendo alla strenua resistenza del Carroccio al cambio di candidato e provando a cogliere gli aspetti positivi mostrati dai leader. «Le liste del centrodestra sono cresciute rispetto alle Politiche del 2022» è infatti il mantra ripetuto anche dal ministro Francesco Lollobrigida, accompagnato dalle medesime cifre e da qualche recriminazione. Al punto che in Parlamento i belligeranti dei riconteggi («Andrebbero rivisti tutti i voti» dice il deputato sardo di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda) alternano le uscite con i sospettosi delle preferenze disgiunte. Tutti però, ça va sans dire, agitano lo spettro delle turbolenze che ora si vedranno in maggioranza. Lupi fa da paciere: «Noi moderati ha preso il 5,4%, ma si vince e si perde tutti insieme». 

AMMINISTRATIVE

La lingua però batte dove il dente duole. E se anche un abitualmente serafico ministro come Luca Ciriani si prepara a qualche scossone («Sono abituato all’aria frizzante» dice riferendosi alle sue origini friulane e al clima “rigido” del centrodestra attuale), c’è chi già lamenta che la lezione sarda non sia servita a molto. Tant’è che quando il leghista Stefano Candiani riporta a Crippa il risultato del tavolo sulle amministrative tenuto in mattinata, lamenta come anche in questo caso le regole di ingaggio «non sono chiare». 
Il riferimento è ai 3701 comuni (di cui 27 capoluoghi) chiamati alle urne a giugno assieme alle Europee. Ma sul tavolo - poco più di dieci giorni dal voto in Abruzzo per cui si teme un contagio delle vittorie del campo largo - ci sono anche le candidature per le altre Regionali. Basilicata, Piemonte e Umbria per cui, falliti i tentativi di imporre un riequilibrio da parte di FdI, si dovrebbe andare verso la conferma di tutti i candidati uscenti. O almeno così fanno sapere azzurri e Carroccio, cercando una fuga in avanti rispetto a via della Scrofa. 
I meloniani infatti, provano a non pagare lo scotto della sconfitta prendendo tempo. «Non è successo niente. Ci rivediamo l’11 giugno» è non a caso una delle frasi più ricorrenti scandite dai deputati di FdI. Per leccarsi le ferite sarde, in pratica, scelgono l’election day. Il consenso della maggioranza non si può misurare attraverso «una sola regione che ha cambiato colore» dice Foti, «quella è solo democrazia» non l’anatomia di una caduta.

Ultimo aggiornamento: 29 Febbraio, 15:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA