«I giovani oggi sono molto superficiali ma io non me la sento mai di condannarli a priori, preferisco pensare a una rieducazione e ad un loro recupero». Dino Zoff è il simbolo del vero uomo di sport, per cui la moralità è sempre stata un principio di vita, a costo di rimetterci: mai un comportamento fuori dalle righe, mai un polemica fondata sull’aggressività. Campione del mondo a 40 anni e capitano della Nazionale di Bearzot, è sempre stato predisposto al miglioramento: in campo accettava i gol subìti e le sconfitte, nella vita non è mai uscito dal binario della correttezza. «La parola più bella che esiste e che mi viene in mente è solo una: dignità» disse in una splendida intervista a Paolo Graldi, ex direttore del Messaggero e del Mattino. «La moralità dovrebbe restare sempre davanti ai soldi e invece oggi non è proprio così» dice Dino Zoff valutando il nuovo scandalo scommesse in cui sono rimasti coinvolti moltissimi giovani giocatori, anche della Nazionale.
Ma come è possibile che tanti giovani finiscano nella rete delle scommesse?
«Io sono dispiaciuto quando leggo di queste situazioni che in teoria non sono spiegabili. La loro vita è bella e diversa da quella di tutti gli altri coetanei: hanno già dei privilegi, perché non sfruttarli ed essere felici già così?».
Esatto: guadagnano anche tanto rispetto ai suoi tempi, ma forse non si accontentano.
«Evidentemente vogliono sempre di più, i soldi non bastano mai e invece non dovrebbero essere il principale obiettivo della vita. I valori sono altri: la facilità con cui sbagliano è evidente, domina la superficialità e così commettono degli errori gravi».
Nei ritiri della Under 21 erano nati anche dei gruppi di Poker, uno era denominato Las Vegas ed era legato da una chat collettiva su WhatsApp.
«I tempi si evolvono anche nel gioco delle carte - dice sorridendo SuperDino - perché ai tempi nostri esisteva soltanto lo scopone. Giocavamo nei ritiri, in viaggio, nelle soste in aeroporto: i giocatori spesso si univano all’allenatore e agli uomini dello staff. Momenti di svago, leciti e divertenti, che univano».
Le immagini della partita in aereo tra lei, il presidente Pertini, Bearzot e Causio è diventata quasi l’icona del Mundial ’82.
«Sì per noi era tutto naturale, la sfida a scopa era qualcosa a cui non potevamo mai rinunciare. Io del poker so poco. Ma non condannate i giovani su tutto».
In che senso?
«Nel senso che bisogna aiutarli, che bisogna mettere delle regole trasparenti e trasmetterle. Spesso si fanno trascinare: io non voglio essere troppo negativo nel giudicarli, vorrei solo che le cose fossero messe in chiaro in modo che capiscano».
Torniamo alla Nazionale e alla domanda se chi cade nel gioco clandestino deve essere messo alla porta.
«Ho detto che forse è arrivato il momento di mettere una regola, purché tutto il percorso sia comprensivo. Esistono scommesse e scommesse, ce ne sono anche di lecite, se non sbaglio».
Un tesserato non dovrebbe mai puntare sulle manifestazioni sportive, tantomeno sul calcio visto che si parla di giocatori…
«Il mondo va veloce e i giovani vogliono accelerare i tempi, cercano di ottenere risultati e, probabilmente, denaro con modalità più rapide. Bisogna mettere delle leggi e ripartire. Da oggi in poi».
Rispetto ai tempi suoi, sembra che la Nazionale non sia più un punto di arrivo.
«Su questo non sono d’accordo, non voglio nemmeno credere ad un’ipotesi del genere. La maglia azzurra è un traguardo dei giocatori ambiziosi, rappresentare il proprio Paese è un motivo di orgoglio. Io credo che questo sentimento esista ancora».
Ci sono casi in cui alcuni giocatori convocati nelle Nazionali maggiori hanno rinunciato per presunte cattive condizioni fisiche e altri che non si sono comportati bene dal punto di vista etico.
«Esiste un’esasperazione mediatica su tutti gli eventi, compresi quelli sportivi, e io non voglio pensare che esistano situazioni del genere. Trovatemi un giocatore che dica ufficialmente che non è bello giocare con la maglia dell’Italia».
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