Un milione e mezzo di dollari per una speranza, quella può salvargli la vita consentendogli di restare accanto a Maura, sua moglie, e a Geremia e Gianfilippo, i suoi figli, 19 e 17 anni. Matteo Materazzi, 49 anni, procuratore e agente Fifa, figlio di Beppe Materazzi, ex allenatore di Lazio e Bari, e fratello di Marco, difensore campione del mondo nel 2006 e icona dell’Inter di Mourinho, è malato di Sla e sta lottando per rialzarsi e non perdere la partita più importante della sua carriera. Nel settembre del 2024 gli è stata diagnosticata una delle forme più rare e infami di questa malattia che ti mangia con una velocità inimmaginabile. Si tratta di una mutazione rarissima, che la moglie Maura ha pubblicizzato aprendo una raccolta fondi su GoFundMe dove è iniziata una corsa contro il tempo: nella prima ora, già 25mila euro, un segnale forte, una speranza intensa, che va coltivata con la fede e il coraggio.
«A mio marito - ha scritto la leonessa di casa - è stata diagnostica una gravissima forma di Sla. Al momento Matteo non cammina più, muove solo le mani e inizia ad avere difficoltà respiratorie. Questa malattia lascia poche speranze ma una piccola luce all’orizzonte esiste. C’è una cura sperimentale negli Usa che però ha costi molto alti, in quanto è una terapia che andrebbe fatta su misura per lui, ma in futuro potrebbe aiutare tutti quelli che avranno la sua stessa mutazione». Poi l’appello per una raccolta fondi che si sta sviluppando anche nel mondo del calcio: molti amici, come Simone Inzaghi, la moglie Gaia Lucariello e Arianna Mihajlovic, ma anche tanti donatori anonimi che vogliono partecipare. Matteo, sulla sedia a rotelle, sta affrontando questa battaglia con lo spirito che lo ha guidato per tutta la vita, che fosse giocatore, procuratore, commerciante o personaggio televisivo sbarcato sull’Isola dei famosi. Il percorso della malattia è stato velocissimo: ad agosto cadeva frequentemente, la camminata non era più naturale e la fatica innaturale. A settembre la diagnosi, terribile: in pochi mesi Materazzi ha perso l’uso delle gambe. Spiega Maura: «L’obiettivo è creare una terapia Aso personalizzata per la mutazione di Matteo (TPD-43). La sua, a differenza di altre, ha una difficoltà in più: la proteina che si accumula nelle sue cellule neuroni e che le intossica facendole morire è anche funzionale alla cellula stessa. Per questo motivo è tutto più difficile».
LA SPERANZA
Alla Columbia University di New York c’è il dottor Shneider, pioniere di questa terapia, ma ci sono ostacoli burocratici ed economici che vanno superati più velocemente di quanto sta facendo la malattia. «Stiamo facendo tutto il possibile per salvare la vita di Matteo e per aiutare le altre persone che in futuro verranno colpite dalla stessa variante. Non bisogna arrendersi e l’aiuto della gente, oggi, può risultare decisivo. Una goccia dietro l’altra possiamo arrivare al traguardo».
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