Mourinho: «Andare contro di me vende. La gente mi resterà vicino anche quando andrò via dalla Roma»

Il tecnico si racconta a Sky: «Esiste anche l'anti mourinhismo»

Martedì 10 Ottobre 2023 di Gianluca Lengua
Mourinho: «Andare contro di me vende. La gente mi resterà vicino anche quando andrò via dalla Roma»

«Quando guardo la Curva Sud mi fa venire i brividi, è gente che rimane con me, anche quando un giorno andrò via». È malinconico José Mourinho perché sa che il tempo nella capitale sta per finire. Il suo contratto scadrà il 30 giugno 2024, ma il rapporto che si è creato con i tifosi romanisti è qualcosa di unico: «Quando sono arrivato qui, non conoscevo la Roma. Ci ho giocato contro con l'Inter, mentre con il Porto ho giocato non contro la squadra più importante della città. Non conoscevo la Roma né come città di cuore calcistico, né la società AS Roma. La Roma è arrivata con un discorso che mi è piaciuto, ed è stata la proprietà che mi ha fatto venire. Dopo, quando sono arrivato e ho imparato a conoscere il romanismo, ho imparato a conoscere tutti i loro dubbi, ho imparato a conoscere tutte le loro frustrazioni e ho cercato di entrarci dentro. Mi sono fatto tante domande, cui ho bisogno di rispondere con il tempo. Mi sono affezionato tanto al romanista. Mi piace il romanismo. Mi piace il romanista puro, mi piace il romanista della strada, che va la mattina a Trigoria solo per avere una foto. Mi piace la gente che segue la squadra ovunque. Quando arrivi in due finali europee e prendi la città con te, quando tu piangi di gioia con loro, tu diventi ancora più uno di loro», ha detto a Sky.

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Amato da tantissimi, ma non da tutti: «Esiste anche l'anti mourinhismo.

Specialmente a Roma, ci sono entrambe le fazioni. Il mourinhismo lo conoscono le persone che sanno cosa ho fatto. L'anti mourinhismo è cavalcato da gente felice in tutto il tempo in cui la Roma non vinceva una coppa, non aveva alcun tipo di successo europeo. Si divertono in radio e va bene. L'anti mourinhismo vende, il mourinhismo è un modo di stare nella vita più che nel calco. È gente che rimane con me, anche quando un giorno andrò via». Sullo sfondo nella sua storia da allenatore è il rapporto controverso con gli arbitri: «Non è una strategia. Io sono una persona che quando sente un'ingiustizia ha difficoltà a conviverci. Non mi piace l'ingiustizia, anche quella sociale, ovunque. Nel calcio, l'unico che può sbagliare e ha un aiuto per rimediare al suo errore è l'arbitro. L'allenatore, quando sbaglia, non può fermarsi e rifare da capo. L'arbitro può farlo con gli assistenti, il quarto uomo, il Var. Gli arbitri, quindi, devono sbagliare di meno. Quando vedo ingiustizie contro il mio popolo vado in difficoltà, è il mio modo di vivere». Un uomo osannato dalla sua gente, ma tutto è sempre legato ai risultati: «Quando vinci, tu hai difficoltà a camminare perché tutti stanno con te. Quando perdi, tu sei solo. Ovviamente, tu hai assistenti che stanno sempre con te, c'è la famiglia, ci sono amici ma quando vinci hai difficoltà a camminare. Se perdi, sei solo. Questa la mia esperienza dopo più di 20 anni». 


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