La pallavolista resta incinta, la società la cita per danni: «Persi punti e soldi», ma c'è il caso rimborsi

Martedì 9 Marzo 2021 di Redazione online
La pallavolista resta incinta, la sua ex società la cita per danni: «Persi punti e soldi»
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Ha scelto l'8 marzo non a caso, Lara Lugli, per denunciare la vicenda che l'ha vista protagonista nel 2019. La pallavolista, che ha giocato anche in Serie A a Ravenna, Soliera, Mazzano, Firenze e Casalmaggiore, ha pubblicato su Facebook una lunga lettera in cui racconta la questione legale che la vede di fronte alla sua ex società, il Pordenone Volley (con cui militava in B1), che l'ha citata per danni «per non aver onorato il contratto e per aver perso dei soldi dagli sponsor». Peccato che Lara avesse risolto il contratto perché incinta (e poi perse il bambino durante la gravidanza). 

La vicenda

La citazione arriva in risposta a un decreto ingiuntivo in cui la giocatrice chiedeva lo stipendio del mese di febbraio, nel quale aveva lavorato. «Rimango incinta e il 10 marzo comunico alla società il mio stato, così si risolve il contratto», racconta. «Le accuse sono che al momento della stipula del contratto avevo ormai 38 anni e data l’ormai veneranda età dovevo in primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza, che la mia richiesta contrattuale era esorbitante in termini di mercato e che dalla mia dipartita il campionato è andato in scatafascio». «Viene contestato l’ammontare del mio ingaggio troppo elevato, ma poi dicono che dopo il mio stop la posizione in classifica è precipitata e gli sponsor non hanno più assolto i loro impegni.

Dunque il mio valore contrattuale era forse giusto?». Poi lo sfogo continua: «Chi dice che una donna a 38 anni, o dopo una certa età stabilita da non so chi, non debba avere il desiderio o il progetto di avere un figlio? Non è che per non adempiere ai vincoli contrattuali stiano calpestando i diritti delle donne, l’etica e la moralità? Se una donna rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita e tutto il resto è noia e bassezza d’animo».

Il post della pallavolista 

La replica della società

Il Volley Pordenone  che ha cambiato denominazione in Maniago Pordenone replica in una nota.«La verità ribaltata per cavalcare una storia in cui si calpesterebbe una maternità che noi abbiamo invece all'epoca salutato con grande gioia» spiega Franco Rossato, presidente del Volley Pordenone sulla vicenda. «E' l'esatto opposto  secondo quanto era scritto nel contratto, che ci è stato proposto dalla persona che rappresentava i suoi interessi, in caso di interruzione anticipata si sarebbero attivate clausole penalizzanti per l'atleta. Di fronte alla maternità ci siamo limitati a interrompere consensualmente il rapporto mantenendoci in costante contatto con la giocatrice anche nel doloroso momento che ha affrontato poche settimane dopo. Per testimoniarci l'affetto che sembrava legarla all'esperienza in Friuli, ci ha perfino chiesto di tenere il materiale tecnico come ricordo e noi glielo abbiamo lasciato con piacere. Ad un tratto molti mesi dopo - riferisce il presidente - abbiamo ricevuto la comunicazione del suo legale per presunte spettanze. Solo quando ci è arrivata l'ingiunzione di pagamento ci siamo opposti e abbiamo attivato le clausole del contratto. Citare le parole del freddo atto serve a farci sembrare dei mostri, quando invece ci siamo solo difesi di fronte alla richiesta di un rimborso non dovuto. Fosse stato per noi, non avremmo mai chiesto nulla. Per far capire la dimensione della società, lo scorso anno con la pandemia abbiamo interrotto l'attività e rinunciato all'iscrizione al campionato successivo».

Il caso ad Assist

«Questo caso - dichiara la presidente di Assist Luisa Garribba Rizzitelli - non solo non è unico e non riguarda certo solo il volley, ma evidenzia una pratica abituale quanto esecrabile e indegna, denunciata da 21 anni dalla nostra Associazione. In forza di questa consuetudine le atlete degli sport di squadra o individuali, non appena incinte, si vedono stracciare i loro contratti, rimanendo senza alcun diritto e alcuna tutela». L'Associazione Nazionale Atlete scriverà al Presidente del Consiglio, Mario Draghi e al Presidente del Coni, Giovanni Malagó, «per chiedere che cosa intendano fare per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli».

Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 11:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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