Belpaese in ritardo sulla mobilità green

L’Italia è maglia nera in Europa nel trasporto urbano su ferro. Necessario investire per colmare il gap e ridurre l’uso dell’auto

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Lunedì 22 Aprile 2024
Belpaese in ritardo sulla mobilità green

La rivoluzione green parte anche dal mondo dei trasporti pubblici: un settore in cui i margini di crescita per l’Italia sono enormi. Lo dimostra il report “Pendolaria – Speciale aree urbane”, presentato da Legambiente lo scorso marzo, che assegna la maglia nera per il Belpaese in fatto di performance sulla mobilità sostenibile su ferro (metropolitane, tranvie e ferrovie suburbane). A pesare, in primis, la carenza di infrastrutture. In Italia la lunghezza totale delle linee di metropolitane si ferma a poco meno di 256 km totali, ben lontano dai valori di Regno Unito (680,4 km), Germania (656,5) e Spagna (615,6). Il totale di km di metropolitane nella nostra Penisola è inferiore, o paragonabile a quello di singole città europee come Madrid (291,3) o Parigi (225,2). Riguardo le tranvie, in Italia ci sono 397,4 km di linee assai lontani dagli 875 km della Francia e soprattutto dai 2.042,9 km della Germania. Analoga situazione per le ferrovie suburbane, quelle prese ogni giorno da tanti pendolari, dove l’Italia è dotata di una rete totale di 740,6 km mentre ad esempio sono 2.041,3 quelli della Germania. Allo stesso tempo, la Penisola si conferma la nazione più legata all’utilizzo dell’auto, con 666 vetture ogni mille abitanti: il 30% in più rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna. Ecco perché, sottolinea Legambiente, è necessario investire per sciogliere i nodi irrisolti della mobilità e dell’inquinamento, colmando quei ritardi che si sono ampliati rispetto agli altri grandi Paesi europei.

Nuova stretta sui veicoli pesanti

A richiedere l’introduzione di nuovi standard green per il mondo dei trasporti anche in Italia è, innanzitutto, l’Ue. L’ultimo di questi provvedimenti è arrivato all’inizio di quest’anno, quando Parlamento e Consiglio europeo hanno raggiunto un’intesa politica sul regolamento delle emissioni di CO2 di veicoli pesanti, camion e autocarri. Uno degli ultimi file legislativi del Green Deal rimasti da completare prima della fine della legislatura. In arrivo, inoltre, nuovi autobus a emissioni zero dal 2035 (con una tappa intermedia del 90% nel 2030) e riduzione delle emissioni del 90% al 2040 per i camion. I colegislatori hanno mantenuto gli obiettivi di riduzione fissati dalla Commissione europea nella sua proposta, pari al 45% per il periodo 2030-2034, del 65% per il 2035-2039 e del 90% a partire dal 2040, applicandoli ai camion di grandi dimensioni con un peso superiore alle 7,5 tonnellate (compresi i veicoli professionali, come camion della spazzatura, ribaltabili o betoniere a partire da 2035) e autobus. Quanto ai nuovi autobus urbani, le norme prevedono nel dettaglio una riduzione delle emissioni del 90% entro il 2030 e zero emissioni entro il 2035. I colegislatori hanno concordato di esentare gli autobus interurbani da questo obiettivo e di inserire questo tipo di HDV negli obiettivi generali per gli autobus. Anche in questa occasione, l’Italia ha provato a chiedere di contabilizzare il contributo dei carburanti a zero-basse emissioni (come i biocarburanti) all’interno dei regolamenti che riguardano la mobilità. La richiesta è stata accolta solo in parte, con la Commissione che revisionerà il regolamento entro il 2027.

Coi biocarburanti -90% di emissioni

L’elettrico non è l’unica soluzione percorribile quando si tratta di tagliare i consumi e le emissioni dei veicoli. L’uso di biocarburanti, infatti, potrebbe ridurre del 90% le emissioni inquinanti delle automobili, in particolare del cosiddetto “fumo nero”. A rivelarlo è uno studio dell’Università di Malaga in collaborazione con il Future Power Systems Group dell’Università di Birmingham (Regno Unito), che ha indagato su come ridurre le emissioni dei veicoli senza influire sulle prestazioni del motore. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Fuel. Diversi i tipi di biocarburanti utilizzati, ad esempio bio-alcol come il butanolo, il pentanolo e il ciclopentanolo, e bio-chetoni, ad esempio il ciclopentanone, che possono essere prodotti da rifiuti derivati da biomasse residue, come oli esausti, alghe, scarti agricoli e forestali o liquami, e sono a basso contenuto di carbonio. “Oltre a produrre pochissima fuliggine, si comportano nel motore in modo simile al carburante di qualsiasi stazione di servizio”, spiega Francisco Javier Martos, autore dello studio.
Ultimo aggiornamento: 11:49

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