Agì con premeditazione, portando sul luogo dell'appuntamento quella pistola che poi usò. Deve rispondere di omicidio volontario aggravato dai futili e abietti motivi rappresentati dalla gelosia Costantino Bonaiuti, l'ingegnere di 61 anni che la sera del 13 gennaio scorso uccise la sua ex compagna, Martina Scialdone, 34 anni.
LA DINAMICA
Quella sera l'ingegnere cercò insistentemente di incontrare l'avvocatessa che non accettò l'invito a cena trovandosi a casa del fratello. Messaggi e telefonate ripetute la spinsero tuttavia a incontrare l'uomo che dopo un breve diverbio di fronte a un locale di viale Amelia (quartiere Tuscolano) estrasse la Glock semiautomatica calibro 45, detenuta per uso sportivo, premendo il grilletto. L'omicidio si consumò di fronte agli occhi di Lorenzo Scialdone, fratello della vittima, che arrivò in viale Amelia perché Martina gli aveva scritto. Il ragazzo sapeva delle intenzioni della sorella, della volontà di interrompere quella relazione con Bonaiuti, si infilò di corsa le scarpe e arrivò al locale. Alla polizia, che condusse le indagini, ricostruì la dinamica: l'ingegnere sparò da una distanza di un metro, un metro e mezzo puntando e colpendo la vittima al torace. Restò con la sorella cercando di tenerla sveglia fino all'arrivo dei soccorsi, mentre Bonaiuti fuggì. Fu trovato nel suo appartamento a Roma Nord. L'uomo è accusato anche di porto illegale d'armi in luogo pubblico: la Glock era detenuta per uso sportivo (ottenuto nel marzo del 2012) ma non poteva essere usata al di fuori di un poligono di tiro. Bonaiuti la acquistò in un'armeria di Talenti dove oltre alla Glock comprò negli anni anche una pistola Tanfoglio 9x21 ed un fucile calibro 12. Nel suo appartamento la polizia sequestrò oltre all'arma del delitto «un quantitativo rilevante di armi e munizionamento di diverso calibro», scrisse all'epoca dei fatti sempre il gip nell'ordinanza.
Ieri oltre ai familiari, si è costituta parte civile anche l'associazione "Insieme a Marianna" per il contrasto della violenza sulle donne. «Iniziamo questo percorso che per le parti civili sarà molto doloroso. Per chi ha studiato il processo quello che è accaduto è stato ampiamente provato», ha commentato l'avvocato di parte civile, Mario Scialla. E in aula, nella prima udienza, era presente anche uno dei titolari dello studio dove Martina lavorava: «Ci aspettiamo che venga resa giustizia - ha detto l'avvocato Giulio Micioni all'Adnkronos - non ci sembra che ci possano essere dubbi sull'autore e sulle aggravanti contestate». A supporto dell'accusa contro l'imputato «ci sono testi oculari - conclude Scialla - e testi di ampio respiro, sequestri di cellulari, ricostruzioni, accertamenti specifici; manca la confessione anche perché» l'imputato «non ha mai reso dichiarazioni». Il processo è stato aggiornato al prossimo dicembre.