Martina Scialdone, le ultime parole: «Mi hai davvero sparato?». Costantino Bonaiuti dal carcere si sfoga: «Mi faccio schifo, voglio morire»

Roma. L'uomo ha trascorso i primi giorni in carcere dopo l'omicidio della ex. Si è sfogato con il legale: «La mia vita è finita»

Giovedì 19 Gennaio 2023 di Michela Allegri
Costantino Bonaiuti, il killer dell'ex Martina Scialdone: «Mi ha detto: mi hai sparato davvero?»

È in una cella vuota, da solo, sorvegliato a vista nel carcere di Regina Coeli, con le spalle appesantite da un’accusa di omicidio volontario aggravato. Fissa il soffitto per ore e ripensa a venerdì notte, quando con un colpo di pistola ha ucciso la sua ex fidanzata, l’avvocatessa Martina Scialdone, davanti a un ristorante in zona Tuscolana. «Lei non aveva capito subito quello che era successo, e nemmeno io - si è sfogato Costantino Bonaiuti con il suo avvocato, ieri durante un colloquio - dopo che è partito il colpo mi ha guardato e ha detto: Ma mi hai sparato davvero? Mi hai ferita?».

La versione del sessantunenne, ingegnere dell’Enav, non cambia: «Non la volevo uccidere, mi volevo suicidare.

Sono disperato, pensavo che la pistola avesse la sicura inserita, invece è partito un colpo». Una ricostruzione che, racconta al suo legale, l’avvocato Fabio Taglialatela, secondo lui è sostenuta da un dato: «Martina era molto più bassa di me, il colpo è partito per errore e l’ha raggiunta all’altezza della spalla, proprio perché non ho preso la mira, ma il proiettile ha seguito una traiettoria casuale». Quel colpo, però, è bastato per ucciderla. 

La pistola

«La mia vita, per quanto mi riguarda, è finita - avrebbe continuato a ripetere Bonaiuti - appena posso voglio uccidermi». L’uomo ha raccontato anche un altro dettaglio della notte dell’omicidio, che è avvenuto davanti al ristorante Brado, dove il sessantunenne e Martina si erano incontrati e dove lei gli aveva detto di voler interrompere definitivamente la loro relazione: «Prima di entrare nel ristorante eravamo in macchina insieme, io ho minacciato di uccidermi e ho tirato fuori la pistola, lei mi ha fatto desistere», è la versione riferita all’avvocato Taglialatela, che ieri ha depositato istanza di riesame chiedendo la scarcerazione del suo assistito.

 

L’istanza

Nell’atto il legale contesta l’aggravante della premeditazione ipotizzata dagli inquirenti, ma anche la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di fuga. Esigenze cautelari invece ravvisate dal gip che ha disposto il carcere: secondo il magistrato, dalle indagini è «palesemente e inequivocabilmente emerso che l’unico obiettivo perseguito da Bonaiuti fosse esclusivamente quello di uccidere la Scialdone». A sostegno dell’accusa, la versione dei testimoni: il gestore e i dipendenti del ristorante e, soprattutto, il fratello di Martina, che ha provato a fermare Bonaiuti e che ha assistito di persona al momento dello sparo. Per Taglialatela, invece, le dichiarazioni raccolte dalla polizia potrebbero essere imprecise: nella richiesta di riesame si legge che «nessuno ha avuto modo di vedere con chiarezza e con nitidezza la volontarietà dell’evento che ha cagionato la morte della Scialdone». E ancora: «Bonaiuti ha certo premuto il grilletto, ma il destinatario di quel colpo doveva essere lui, non la povera Martina». Secondo il legale il delitto non sarebbe stato premeditato: «Avrebbe potuto farlo lontano da occhi indiscreti e prima dell’evento descritto». Per l’avvocato, Bonaiuti aveva un obiettivo: «Inscenare una macabra commedia, avente un canovaccio ben preciso: fingere un tentativo di suicidio per impietosire la persona amata e ricondurla a sé». Il colpo quindi, per la difesa, sarebbe «partito per errore». Respinta pure la contestazione del pericolo di fuga: «Non è scappato, ma si è diretto a casa dove era possibile un rintraccio immediato». Per Taglialatela, inoltre, le condizioni di Bonaiuti sarebbero incompatibili con il carcere: «Soffre di una forte depressione ed è a rischio suicidio».

Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA