Roma, la rivolta al Tiburtino e il coraggio delle mamme: denunciare i figli per salvarli

Sabato 22 Maggio 2021 di Alessia Marani
Roma, la rivolta al Tiburtino e il coraggio delle mamme: denunciare i figli per salvarli

Sono poche, pochissime, si contano sulle dita di una mano, ma ugualmente provano a strappare i figli dalla droga e dall’alcol. In qualche caso, anche loro hanno avuto gli stessi problemi e non vogliono che pure i loro ragazzi commettano gli stessi sbagli. Ma per le mamme-coraggio del Tiburtino III non è facile comporre quel numero, 112, o bussare alla porta di un commissariato o di una stazione dell’Arma, finanche rifugiarsi in una chiesa per chiedere aiuto.

Perché con quei figli ci convivono, li amano ma ne sono succubi, terrorizzate da quei ragazzini che si fanno sotto i loro occhi uomini sempre più forti e anche maneschi.

Domenica alle 17,45 la mamma di Valerio, 18 anni, ci ha provato: ha telefonato alla polizia per segnalare di «essere in lite animata con il figlio» il quale al momento era «ubriaco e dava in escandescenze». Quando gli agenti sono arrivati hanno trovato il ragazzo fuori di sé, aveva discusso anche con la fidanzata, ne è nata una colluttazione e in via Debussy si sono vissuti minuti di paura. Al momento di portarlo via, si è scatenata la rivolta tra le case popolari: in cinquanta, perlopiù giovanissimi, tra i 16 e i vent’anni, sono scesi per le scale e si sono scagliati sulle volanti per impedirne l’arresto. In un attimo ai piedi dei serpentoni grigi sono piombate 17 volanti per riportare la calma. Valerio è stato arrestato ma dopo la direttissima il giudice lo ha lasciato libero in attesa del processo. È di nuovo a casa, insomma. Ha anche commentato la vicenda sui social. Per lui (risultato positivo al tossicologico per alcol e cocaina) «non è andata così», sono «le guardie» ad avere sbagliato, a essersela presa anche con la fidanzata «una donna» ed è sicuro che al processo «verrà fuori la verità», perché «anche mia madre confermerà come è andata». 

Roma, rivolta durante l'arresto al Tiburtino III: in 50 scendono dalle case popolari e accerchiano i poliziotti

Le telefonate

Ma cosa potrà dire una madre che per disperazione chiama la polizia? «Purtroppo di telefonate di madri sotto scacco dei figli dai 15 anni in su - spiega un investigatore di lungo corso - ne riceviamo anche una al giorno per ogni turno di servizio in città. Ma quasi tutte non si tramutano in denunce. Si tratta di reati, infatti, contro i quali si può procedere solo su querela, a meno di lesioni molto gravi. Da una parte c’è la paura di ritorsioni, dall’altra molti genitori non riescono a rendersi conto che l’uso-abuso di sostanze trasforma i figli in persone “sconosciute” che vanno fermate». Tra i più agguerriti che domenica si sono avventati sui poliziotti c’era anche un 17enne, poi denunciato. Quando la madre è andato a riprenderlo in commissariato le ha urlato: «Non rompere... non ha capito un ca... qui comando io, stai zitta sennò ti ammazzo». Di tutto diceva Valerio, fuori di sé, prima di essere sedato, alla mamma: «Hai chiamato le guardie, ti uccido». Don Josè da un anno è alla parrocchia di S. Maria del Soccorso. In Spagna si è occupato proprio di comunità di recupero. «Ma qui i ragazzi vengono solo per giocare al pallone nel campetto che lasciamo aperto. Abbiamo provato a coinvolgerli in gare o a mettere su un oratorio, ma nessuno vuole partecipare». Il Covid ha aumentato l’isolamento dei casermoni circondati dall’erba incolta. Appena tre mamme hanno provato ad affacciarsi per chiedere aiuto, e con una sola è rimasto «un certo dialogo». Intanto sono aumentate le richieste di alimenti e sostegno per le bollette al Centro ascolto della Caritas: «Seguiamo 50 famiglie - dice la responsabile - ma lamentano solo il disagio economico. La percentuale di giovani inoccupati tra i 30 e i 40 anni è altissima e chiedono sempre e solo soldi».
 

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