Roma, bimbo in coma: due medici a processo per aver somministrato un farmaco sbagliato

Sabato 26 Gennaio 2019
Roma, bimbo in coma: due medici a processo per aver somministrato un farmaco sbagliato
IL PROCESSO
Un farmaco sbagliato porta due pediatre a processo. E il piccolo paziente al coma. Le dottoresse, di 63 e 60 anni, sono imputate per lesioni colpose. Tutto inizia con una visita alla quale viene sottoposto il bambino, «affetto si legge nell'imputazione - da una forma di encelofatia epilettica». Una condizione, quest'ultima, che costringeva il piccolo ad assumere un farmaco che contrastasse il disturbo manifestato nei primi anni di età, come ha raccontato ieri in aula il padre. Per la procura però, questo dettaglio non sarebbe stato evidenziato nelle note relative al minore.
Una delle due pediatre infatti avrebbe «omesso di segnalare scrivono i magistrati nella scheda informatica del piccolo l'assunzione del farmaco Tegretol (medicinale a base di carbamazepina utilizzato nell'epilessia)».
A questa mancata annotazione sarebbe seguita una seconda colpa, come ha contestato l'altra specialista. «Quale sua sostituta pediatra ..prescrivendo il farmaco Macladin (medicinale a base di claritrocemia) che secondo gli atti determinava un aumento dei livelli di carbamazepina, interagendo con il farmaco Tegretol avrebbe concorso a cagionare lesioni personali gravi dalle quali derivava una malattia di durata compresa fra i venti e i quaranta giorni». Una miscela insomma, questa fra il Macladin e il Tegretol, che avrebbe portato il bambino verso uno «stato comatoso» da aggiungersi a ipertransaminasemia e disturbi coagulativi.
Le parole del padre, ieri chiamato in aula, raccontano i momenti precedenti all'episodio convulsivo del figlio, portato al Bambino Gesù. «Avevo dato la prima dose del farmaco prescritto ricorda il genitore poi dopo 12 ore la seconda». La voce si increspa ma l'uomo prosegue con la testimonianza di quello che gli si parò davanti poco dopo. «Aveva i bulbi oculari all'indietro e la schiena inarcata», ricorda ancora raccontando poi la corsa verso il pronto soccorso dove al bambino sarebbe stato diagnosticato uno «stato mentale epilettico».
La tesi della procura, rappresentata in aula dal pm Andrea Iolis, sottolinea quindi quella somministrazione di Macladin effettuata «nonostante la patologia di base e le condizioni cliniche del piccolo si legge ben visibili anche ad una osservazione superficiale». Su quest'ultima il padre della vittima racconta come la visita sarebbe avvenuta «in cinque o dieci minuti».
LE CONSEGUENZE
Sollecitato dal giudice, e dalla parte civile, il testimone distingue un prima e un dopo il Macladin: «il bambino non dormiva più, era più che spaventato e non muoveva né le braccia né le gambe. Io e mia moglie abbiamo dovuto imparare a rianimarlo perché se non faccio certe manovre potrebbe anche andare in arresto cardiaco». L'uomo racconta di avere ormai confidenza con crisi di panico e farmaci ansiolitici per poterle contrastare. «Dovevo leggere io il bugiardino».
Enrico Lupino
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Ultimo aggiornamento: 12:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA