L’allarme è già scattato, 1.800 piccole imprese della Capitale sono a rischio fallimento. Ma non solo: il caro energia rischia di consegnare le attività - bar, ristoranti e locali - nelle mani degli usurai. Sono i numeri raccolti dallo sportello Antiusura Confcommercio a confermare quanto sta accadendo.
L’INCUBO
E inizia l’incubo: «Il dato che ci preoccupa - sottolinea Ciatti - è che gli imprenditori rischiano di perdere tutto per somme relativamente piccole. A questo si somma anche un altro elemento di grande preoccupazione. Difficilmente - spiega Ciatti - chi contrae un debito di questo genere riesce a sanarlo, il passo successivo è consegnare nelle mani degli strozzini le attività. Ecco perché in questo momento il fattore tempo è determinante: tra sei mesi le aziende che stanno accusando più pesantemente la crisi, potranno già essere passate nelle mani sbagliate». Intanto lo sportello Antiusura ha potenziato i servizi per rispondere all’impennata delle richieste. Con consulenze e servizi specifici stanno aiutando gli imprenditori a dilazionare le uscite. Ma far quadrare i conti non è facile: «Chi gestisce piccole attività commerciali - aggiunge il responsabile dello sportello - non deve affrontare solo i costi raddoppiati dei consumi. C’è anche l’affitto delle mura e, non ultimo, l’aumento delle materie prime. Ecco perché far quadrare le entrate e le uscite è sempre più complicato».
La prima stangata per le 5 mila imprese romane del settore legato alla ristorazione, è arrivata a luglio con le prime bollette di gas ed elettricità. I titolari dopo aver esposto, per protesta, le bollette nelle vetrine dei loro locali (27 agosto) hanno poi attivato una serie di contromisure nel tentativo di contenere i consumi e quindi i costi. Dal centro alla periferia, alcuni ristoranti hanno acceso le candele e spento tutte le luci in sala. Altri hanno studiato un nuovo sistema di orari, aprendo a pranzo durante la settimana e a cena solo per il week end. Tutti, hanno rivisto i costi del menù: dal primo settembre i rincari hanno toccato il 15%. Con il costo del caffè al bar che è arrivato anche a 1, 20 centesimi. Rincari inevitabili anche a fronte dell’aumento delle materie prime.
La protesta dei commercianti si è allargata ancora a settembre (l’otto) quando, insieme alle bollette hanno esposto anche dei manichini impiccati. Mentre le associazioni di categoria si sono mobilitate per chiedere sostegni, ristori e aiuti per i piccoli imprenditori travolti dai conti da saldare e dai debiti. «Il momento è davvero molto delicato - conclude Ciatti- si tratta di attività che non hanno fatto in tempo a uscire dalla crisi Covid che sono state travolte da una nuova emergenza».