Salvini: pronti a tagliare i fondi per l'accoglienza

Sabato 2 Giugno 2018 di Cristiana Mangani
Matteo Salvini
La prima cosa da fare «lunedì in ufficio?» Matteo Salvini, neo ministro dell'Interno sta entrando a Palazzo Chigi, dopo aver giurato davanti al presidente della Repubblica. Risponde alla domanda mostrando di avere le idee chiare: «Io in ufficio ci vado stasera, non lunedì». E infatti, il nuovo capo del Viminale - uno dei dicasteri più delicati e importanti del governo - ancora prima di partecipare al Cdm per il rituale passaggio della campanella - ha convocato per le 20 tutti i direttori dei Dipartimenti, da quello dell'Ordine e la sicurezza pubblica a quello delle Libertà civili e dell'immigrazione.

Un'occasione per conoscere chi lavorerà con lui, ma anche per porre le basi per l'attività futura. Sono tantissime le cose da fare, «riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, i minori, la presenza delle forze dell'ordine a livello territoriale». «Insomma non ci annoieremo», sottolinea il leader del Carroccio, subito dopo essersi seduto alla scrivania che fu di Giolitti. Sul tavolo ancora pochissime cose, un grande computer e un documento sui programmi del ministero preparato per il suo arrivo.

NESSUN ACCORDO
Oggi sarà alla Parata militare, poi di nuovo al lavoro, in vista di una lunga serie di impegni. A cominciare da quello del 4-5 giugno previsto a Lussemburgo, il vertice dei ministri europei della Giustizia e degli affari interni, dove si discuterà del regolamento sull'asilo e della revisione del Trattato di Dublino. «Molto probabilmente non potrò esserci - spiega - perché si vota la fiducia in Senato e non è bello che il vice premier non sia presente. Comunque, chi andrà al mio posto porterà la voce contraria dell'Italia. Perché non è come si è detto finora: la riforma sulla quale si sta discutendo, invece di aiutarci, continua a crearci un forte stress. Quindi, se ci sarò è per dire no e per migliorare, altrimenti qualcuno al mio posto dirà no».

L'idea di Salvini sarebbe quella di avvicinarsi alla linea del blocco di Visegrad, il gruppo di paesi dell'Est che rifiutano le relocation e sollevano muri per fermare i flussi. «Ma non sono venuto qui con la ramazza - aggiunge - Io entrerò in punta di piedi. Ci sono diversi dossier aperti, passerò i primi giorni ad ascoltare, a capire, a valorizzare. I numeri sono discreti, però è pur vero che ogni anno vanno in pensione 3500 agenti della polizia di Stato e ne viene reintrodotta solo una minima parte. Per cui o si interviene per rinfoltire, ringiovanire in termini di uomini, di mezzi, di formazione, oppure sarà un problema».

Domani il ministro sarà in Sicilia per la campagna elettorale, e anche per visitare i luoghi dove avvengono gli sbarchi: Pozzallo, Catania, Siracusa. Al Viminale il suo arrivo è guardato con attenzione. Nessun cambiamento è previsto all'orizzonte. Con l'uscita di Marco Minniti, sono andati via il prefetto Mario Morcone (per raggiunti limiti di età), profondo conoscitore della questione immigrazione, e il prefetto Felice Columbrino che da dopodomani sarà a capo dell'Ispettorato del Vaticano. Al posto di quest'ultimo è subentrato un altro prefetto, Paolo Canaparo.

500 MILA IRREGOLARI
Il leader del Carroccio ha incontrato nei giorni scorsi il capo della Polizia Franco Gabrielli e a lui ha chiesto particolare collaborazione, vista la situazione internazionale e la minaccia del terrorismo islamico che non accenna a diminuire. Ieri l'incontro è stato allargato a tutti i direttori dei Dipartimenti. Le priorità sono quelle contenute nel contratto di governo firmato con Luigi Di Maio, dove si parla di «circa 500mila» irregolari in Italia e si giudica «prioritaria una seria ed efficace politica dei rimpatri».

Sono poco più di 6mila in media ogni anno. Il problema è che per rimandare a casa gli irregolari servono accordi con i Paesi di provenienza. L'Italia ne ha siglati diversi, ma per aumentare l'efficacia delle intese servono più fondi. E allora dove reperirli? «Vorrei - è la sua idea - dare una bella sforbiciata a quei 5 miliardi di euro destinati all'accoglienza. Mi sembrano un po' tantini». Le eventuali ripercussioni nei rapporti con la Chiesa non sembrano preoccuparlo. «Con loro - dichiara - ci sono molte più vicinanze che distanze perché l'accoglienza, nei limiti, nelle regole e nelle possibilità, penso sia interesse di tutti. Gli immigrati che campeggiano qui a pranzo e cena sono evidentemente troppi».
 
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