ROMA Invertire la rotta dell'inverno demografico. E farlo non solo per ragioni economiche, ma anche per tutelare «la cultura italiana». Parola di Francesco Lollobrigida, che ieri è intervenuto agli Stati generali della natalità. «Credo sia evidente a tutti che la razza italiana non esiste», la premessa del ministro dell'Agricoltura. «Esiste però una cultura, un'etnia italiana: quella che la Treccani definisce un raggruppamento linguistico-culturale ha osservato che oggi immagino in questo convegno si tenda a tutelare».
Un tema, quello dell'inverno demografico, su cui ieri è intervenuto anche il demografo Giancarlo Blangiardo. Secondo il quale, l'Italia potrebbe tornare nell'arco di un decennio a quota 500 mila nascite. Oggi siamo abbondantemente al di sotto, con i circa 393 mila bebè del 2022. Nel suo intervento agli Stati generali della natalità il demografo, già presidente dell'Istat, ha fornito grafici e numeri che descrivono in profondità cosa è successo nel Paese negli ultimi decenni.
L'OBIETTIVO
L'obiettivo mezzo milione di nati è realistico? «Siamo a 400 mila, non è un obiettivo esagerato, ricordo che nel 2008 c'erano 577 mila nascite in Italia - osserva Blangiardo - dovremo, però, creare le condizioni per anticipare la nascita del primo figlio, non a 35 anni come ora. I giovani devono poter fare questa scelta, che spesso vogliono ma che per mille motivi ritardano, rinviano».
Uno dei grafici presentati ieri si sofferma proprio sulla «domanda di figli insoddisfatta». Ovvero la differenza tra i figli effettivamente avuti e quelli che idealmente si vorrebbero avere. Per le varie generazioni femminili questo divario è di circa 0,7 figli per donna, valore che sale a 0,9 per le nate nel periodo 1983-87. Si tratta quindi di «rimuovere gli ostacoli».Da tempo i demografi sottolineano come l'incremento dell'età a cui mediamente nascono i figlia sia uno dei tratti caratteristici della denatalità italiana. «C'è una tendenza alla riduzione della fecondità, i dati dei 27 Paesi indicano una cascata verso la discesa della natalità» osserva Blangiardo. Ma ci sono anche esempi almeno in parte diversi, Stati come Germania, Ungheria, Slovacchia e Romania che in qualche modo hanno invertito la tendenza. «Sono Paesi che hanno attivato alcune iniziative, ad esempio sui tempi della maternità favorendo iniziative che anticipino il primo figlio. Da noi si fa a 32-33 anni mentre in questi Paesi si è puntato a far scendere l'età dalla fine dei vent'anni, è una strategia che dovremmo adottare anche in Italia».