Ilaria Salis, linea dura di Budapest: «Arresti legittimi». Orban vede Meloni: «Avrà un equo trattamento»

Il portavoce del governo ungherese: «Ha anche mentito». Tajani: «Tutelare i suoi diritti»

Mercoledì 31 Gennaio 2024 di Francesco Bechis, nostro inviato a Bruxelles
Meloni incontra Orbán, faccia a faccia a Bruxelles: sul tavolo il caso Salis e i fondi all'Ucraina

Un rapporto sulle condizioni di detenzione nel penitenziario II di Budapest, già carcere in dotazione alla Gestapo negli anni dell’occupazione nazista. La visita di genitori, fidanzato, amici. Sullo sfondo, la trattativa per concederle gli arresti domiciliari, possibilmente in Italia, che procede sotterranea, nonostante il muro del governo ungherese di Viktor Orbán: ieri sera, in hotel a Bruxelles, l’incontro tra il premier ungherese e Giorgia Meloni

 

I PASSI AVANTI

Qualcosa si muove sull’asse Roma-Budapest nel caso Ilaria Salis. Anche se l’impasse è destinato a durare. «La sua credibilità è altamente discutibile, come dimostrato dalle false dichiarazioni rilasciate sulla sua istruzione e sulla sua situazione famigliare», spiega in serata un portavoce di Orbán - contestato dal padre della 39enne - parlando dell’insegnante detenuta a Budapest con l’accusa di aver aggredito un gruppo di neonazisti lo scorso anno. «I reati in questione sono gravi, sia in Ungheria che a livello internazionale», aggiunge. E sulle manette ai polsi in tribunale che hanno scandalizzato l’opinione pubblica italiana il giudizio non è più tenero: «Le misure adottate nel procedimento sono previste dalla legge e adeguate alla gravità dell’accusa». Il governo di Budapest usa il pugno duro. Fiuta perfino un complotto: «I media di sinistra e i gruppi per i diritti umani hanno lanciato un attacco orchestrato per distruggere le nostre buone relazioni con l’Italia», accusa il portavoce di Orbán in una nota. E pensare che dietro la retorica incendiaria qualche segnale di disgelo inizia a intravedersi. Ieri mattina alle 11 la famiglia ha incontrato Salis. Il padre, la madre, il compagno e un’amica sono andati a sincerarsi delle sue condizioni in cella. E l’hanno trovata «rinfrancata», racconta chi ha potuto parlarci. Perché il giorno prima Ilaria ha avuto l’impressione di un cambio di passo nel suo caso giudiziario. A bussare alla sua cella è venuto in persona il procuratore generale ungherese Peter Polt. Un fedelissimo di Orbán. «Si inizia a vedere un po’ di luce», si sfoga all’uscita dal carcere il padre Roberto. Intanto si muove la Farnesina. «Pretendiamo che il rispetto delle normative comunitarie per i detenuti» ha detto ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Porta a Porta. «Ma rispettiamo le decisioni della magistratura ungherese». Una prima schiarita è arrivata con la visita di Polt. A cui ha fatto seguito l’incontro di Salis con una psicologa e un’interprete che parla italiano. La vera trattativa è però un’altra. Riportare Salis in Italia, chiedere gli arresti domiciliari e l’estradizione.

Non sarà semplice. Ieri l’ambasciatore italiano in Manuel Jacoangeli ha ricevuto a pranzo in ambasciata i coniugi Salis.

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IL FACCIA A FACCIA

In tarda serata invece, Meloni ha incontrato Orbán all’hotel Amigo di Bruxelles. Un colloquio informale (che ha preceduto un faccia a faccia tra il magiaro e Emmanuel Macron) con sul tavolo anche l’approvazione del Quadro finanziario pluriennale, il tiro alla fune dei 26 Stati membri Ue con l’Ungheria per destinare 50 miliardi di euro in aiuti all’Ucraina in guerra. Orbán tiene il punto, è disposto a cedere purché ogni anno il pacchetto di fondi ucraini sia sottoposto al voto unanime del Consiglio. Ovvero, vuole tenere per sé il diritto di apporre un veto. Sarà una lunga giornata. Meloni dovrà vestire un’altra volta i panni del mediatore per una trattativa di cui trattativa è parte anche il caso Salis. E del resto è lo stesso leader magiaro, all’uscita dall’hotel belga a notte fonda, a dire di aver discusso con la premier della maestra detenuta a Budapest. «Le ho raccontato tutto nei dettagli» ha spiegato, chiarendo come da primo ministro possa però «solo fornire i dettagli del suo trattamento» in carcere «e esercitare un’influenza perché ne abbia uno equo». Fattispecie ora ravvisata da Orbán: «Ho detto che ha potuto fare delle telefonate e non è stata isolata dal mondo. Non sarebbe corretto dire così». «Ma non posso influenzare i giudici - ha aggiunto - perché la magistratura non dipende dal governo, ma dal Parlamento». Neppure permettersi uno strappo con Meloni però. O almeno a Roma scommettono di no. 

Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 09:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA