Ilaria Salis, Meloni sente Orban: «Garanzie per la docente in arresto». Gelo della Lega sull'attivista: «Ogni Paese punisce come vuole»

Telefonata prima del Consiglio Ue. Le opposizioni: il premier in Aula. Il Carroccio: «Ogni Paese punisce come vuole. Non faccia più la prof»

Martedì 30 Gennaio 2024 di Francesco Malfetano
Caso Salis, Meloni sente Orban e chiede garanzie

Quando Giorgia Meloni decide di intervenire direttamente sul caso Ilaria Salis è già sera. Dopo un lunghissimo pomeriggio fatto di inviti incalzanti dell’opposizione a comparire in Aula e da dichiarazioni a gamba tesa da parte della Lega che l’hanno infastidita non poco, la premier sente al telefono il leader ungherese Viktor Orbán. 
Un confronto in cui, nel pieno rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura ungherese, Meloni avrebbe espresso il proprio rammarico per la situazione creatasi, chiedendo che siano garantiti i diritti della maestra 39enne detenuta a Budapest con l’accusa di aver preso parte nel febbraio 2023 ad un’aggressione a colpi di manganello ai danni di due estremisti di destra.

Posizione perfettamente in linea con le iniziative predisposte al ministero degli Esteri da Antonio Tajani che già in mattinata, dopo aver ricevuto l’incaricato d’Affari della Repubblica di Ungheria per chiedere conto delle immagini di Salis in tribunale incatenata mani e piedi, auspicava che fosse accordato alla donna «al più presto un regime di custodia cautelare in linea con la normativa europea». 

Ilaria Salis, Meloni sente il premier Victor Orban. Farnesina chiederà misura alternativa al carcere. Lollobrigida: «Non ho visto le immagini»

I diritti

Garantirne i diritti però, ragionano fonti diplomatiche che seguono da vicino il dossier, non significa solo garantire alla donna un processo equo e condizioni di detenzione in linea con gli standard europei, ma anche assicurare tempi certi rispetto alla durata dell’azione giudiziaria. Vale a dire che l’Italia preme affinché si arrivi rapidamente ad una sentenza o all’assegnazione dei domiciliari. Solo a quel punto potrebbe infatti avanzare formalmente una richiesta di estradizione a cui, non si fatica ad ammetterlo ai vertici del governo, si sta muovendo l’intero sistema Paese. Una cautela che proprio Tajani rivendica per primo: «Ho chiesto che il governo vigili sul rispetto dei diritti degli imputati in base alle normative comunitarie. Noi possiamo chiedere e fare pressione solo su questo, ma non è che possiamo fare pressioni sul magistrato». Soprattutto perché sono in corso le dovute interlocuzioni anche da parte del ministro della Giustizia Carlo Nordio che nei giorni scorsi ha incontrato l’avvocato e il padre di Salis (che il 2 febbraio incontrerà anche il presidente del Senato Ignazio La Russa).

 


Resta da capire se questa stessa cautela la terrà Meloni quando tra oggi e domani incontrerà a Bruxelles proprio il primo ministro ungherese a margine dei lavori del Consiglio Ue. Da Palazzo Chigi non trapelano posizioni ufficiali, ma si rincorrono le voci su una certa irritazione della premier, anche perché la tela politica intessuta fino a questo momento in Europa la vede come una dei pochi leader dei Ventisette ancora in grado di dialogare con Orbán. Un rapporto meno solido di un tempo e già minacciato dagli atteggiamenti tenuti dall’ungherese per frenare il posizionamento pro-Ucraina dell’Ue, che ora rischia di scricchiolare ulteriormente. Per di più quando in vista ci sono le elezioni Europee, e un mai smentito avvicinamento del gruppo europeo dei conservatori - di cui Meloni è presidente - e il partito Fidesz di Orbán. 
I piani d’azione insomma sono tanti e interconnessi, al punto da creare quello che è parso un po’ di imbarazzo nella maggioranza. Se il ministro dell’Agricoltura e tenente di FdI Francesco Lollobrigida si è rifiutato di commentare («Non le ho viste» ha detto riferendosi alle immagini del processo che ritraggono Salis incatenata mani e piedi. «Non commento cose che non ho visto...»), anche Tajani ha assunto una posizione interlocutoria: «Se vogliamo parlare in punta di diritto, Orbán non c’entra niente. Non è che il governo decide il processo. La magistratura è indipendente». A rincarare la dose però, in quello che pare un gioco politico al rialzo per allontanare l’orbita di Fidesz dall’Ecr, è la Lega. «Se fosse colpevole sarà doveroso radiarla dalle graduatorie ministeriali» attacca in una nota il deputato Rossano Sasso. «Spiace per il trattamento riservato - gli fa eco il vicesegretario del partito Andrea Crippa - Però ogni Paese punisce come vuole e non compete a me giudicare quello che si fa in altri paesi». 

Roberto Salis, padre di Ilaria: «Incatenata già altre 4 volte e l'ambasciata italiana lo sapeva»

Le polemiche

Tra la risposta delle autorità ungheresi (del tenore: «Le accuse sono false», «Una prigione non fornisce i servizi di un albergo a più stelle») e il rifiuto di un appello da parte della Commissione Ue («Non commentiamo i casi individuali in corso» ma si rispettino «gli standard minimi di base»), sul fronte interno italiano la polemica politica è però montata senza sosta per tutto il giorno. L’acme si è raggiunta con la richiesta di un’informativa urgente in Aula avanzata da tutte le opposizioni (Pd, M5S, Avs, Azione, Più Europa e Iv) a cui si sono poi associate anche FI e Lega. 

Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 12:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA