L’epitaffio del campo largo Enrico Letta lo pronuncia senza nemmeno citare il M5s. «Ora pensiamo a noi».
LA CREDIBILITÀ
Letta è convinto che sia proprio su quel «patrimonio di credibilità» conquistato in questi mesi dal Pd che si debba impostare la prossima campagna elettorale, marcando la distanza dagli altri. Insomma, facendo una battaglia identitaria.
Ed è per questo che invita i candidati ad avere gli «occhi di tigre» e il partito a fare una “operazione verità” con gli italiani. «Serve il massimo di vocalità per raccontare la nostra narrazione, dire come sono andate le cose, dire chi è colpevole di quanto successo. Va detto senza infingimento e senza cercare di lenire nulla». Ufficialmente, per cercare di ribaltare i pronostici che vogliono la destra vincente alle prossime elezioni. Più prosaicamente – ammette qualcuno - per provare a massimizzare il risultato perché chissà, magari si può anche perdere, ma essere il primo partito.
La scelta di archiviare l’alleanza con il M5s per come era stata immaginata prima del voto di mercoledì può essere un potente collante. Ma Letta sa bene che al dibattito su come si debba procedere a questo punto, le correnti si presentano con sfumature diverse. «Compagni di strada e modalità verranno decisi insieme, collegialmente», assicura.
L’area di Base riformista, quella che fa riferimento a Luca Lotti e a Lorenzo Guerini, che infatti ritiene che il voto in Senato abbia segnato «inequivocabili elementi dirimenti», spinge perché ci si muova in direzione dei moderati. Il senatore Andrea Marcucci fa esplicito riferimento al «modello che portò al secondo mandato di Giuseppe Sala» ossia «una grande alleanza di democratici e riformisti» che guardi a «Renzi, Calenda, Di Maio, i liberali che hanno lasciato Forza Italia». Chi più si è speso per il rapporto con il M5S, come per esempio Andrea Orlando e Francesco Boccia, chiede invece di non chiudere completamente la porta al mondo grillino. «Aspettiamo che si depositi la polvere», dice qualcuno. E poi c’è Dario Franceschini, molto attivo anche negli ultimi tentativi di mediazione con Conte, che per ora non scopre le sue carte.
Anche per questo Letta chiede di evitare che si aprano discussioni “in piazza”. «Nei prossimi giorni gli organi di partito saranno riuniti per decidere le modalità con cui andare al voto. La discussione cominci in quegli organi e non sui giornali». Un clima di decisioni sospese in cui alla fine non dovrebbero essere annullate le primarie previste in Sicilia per domenica prossima in cui a sfidarsi per diventare candidato presidente del campo progressista sono Caterina Chinnici per il Pd, Barbara Floridia per il M5s e Claudio Fava. Per quanto anacronistiche possano essere.
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