747 mila ricoveri in meno e quasi 145 milioni di prestazioni specialistiche ambulatoriali non effettuate nel solo 2020. È l’eredità che l’emergenza Covid lascia al sistema sanitario nazionale.
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Nel 2020 complessivamente sono stati stanziati 8,2 miliardi per spese sanitarie legate al Covid, distribuiti però su diversi canali. Il totale delle risorse prese in considerazione nella Relazione tecnica, assegnate alle Regioni e non utilizzate, è di quasi 1,7 miliardi. Solo per Emilia-Romagna e Toscana non risultano accantonamenti e dunque si presume che le disponibilità siano state impiegate in pieno. Mentre la Lombardia, che è la Regione più popolosa, assorbe circa 384 milioni su 1,7 miliardi non utilizzati, collocandosi al di sopra della media nazionale in rapporto agli abitanti. Le Regioni in cui il valore pro capite degli accantonamenti è maggiore sono Sardegna, Molise e Calabria. Il Lazio con circa 128 milioni si colloca al di sotto della media. Ammonta a circa 1 miliardo, su 1,6 destinati a questa specifica finalità, il totale dei fondi non spesi relativi al reclutamento di personale: se la percentuale di utilizzo è stata il 62 per cento lo scorso anno, per il 2021 viene stimato un valore ancora più basso (il 51%) a causa delle «difficoltà per la conclusione delle procedure concorsuali e di reclutamento».
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CARENZE
E qui si arriva al nodo: come è possibile che in un’emergenza sanitaria le Regioni non abbiano utilizzato tutte le risorse a disposizione per rafforzare gli organici degli ospedali dove il personale era allo stremo? Se in alcuni casi si può parlare di poca efficacia nella gestione delle procedure, in molti altri si è dovuto combattere con la carenza delle figure professionali cercate (anche se questo non chiarisce perché alcune Regioni siano state meno efficienti di altre). La mancanza di infermieri e di medici specialisti mette in discussione il sistema. I contratti di formazione per medici specializzandi (circa 15 mila nel 2020), per quanto incrementati, non sono sufficienti a garantire il ricambio di coloro che sono andati in pensione. Spiega il sottosegretario alla Salute, Pier Paolo Sileri: «Nel Paese non c’era sufficiente personale da assumere perché mancano medici e infermieri, non ci sono le persone formate, non le crei dall’oggi al domani. Dovremo aumentare l’offerta formativa, sia per le scuole di infermieristiche sia per il percorso di specializzazione dei medici. Ma servirà tempo».
Il 2020 per il sistema sanitario italiano ha visto anche la paralisi dei ricoveri di elezione e delle prestazioni. Alcuni esempi che fanno al ministero della Salute: rispetto all’anno precedente è stato diagnosticato il 10 per cento in meno di casi di cancro al polmone, ci sono stati il 25 per cento in meno di interventi per cancro al colon, addirittura le operazioni per chirurgia dell’obesità sono state l’1 per cento del totale del 2019. «A luglio 2020 c’erano 2,7 milioni di interventi rinviati e 17 milioni prestazioni ambulatoriali non fatte. Ora serve un’azione straordinaria per recuperare» osserva ancora Sileri.