Conte vuole un plebiscito, deve avere un plebiscito.
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Ma i conti veri (o almeno si spera veri) si faranno alla fine cioè stasera dopo le 22. Intanto la comunicazione contiana - l’ex premier è preoccupato: «E se votano in pochi?» - è impegnata a far passare il messaggio che c’è grande entusiasmo nella base. Anche Di Maio si presta con un post su Fb: «Insieme agli iscritti votiamo per Giuseppe Conte presidente del Movimento 5 Stelle. Un momento di cambiamento e partecipazione, per raggiungere un altro risultato che ci consentirà di completare il nostro percorso di rinnovamento. Ormai ci siamo, il vostro voto è importante!». Ok, ma perché tace invece Beppe Grillo?
Si sta cercando da giorni di sollecitare l’Elevato a fare un endorsement per Conte, valido sia prima del voto sia durante. Capace di procurare decine di migliaia di clic per Giuseppe. Ma per ora Grillo tace. E se dovesse tacere anche una volta conclusa la votazione, con l’ovvia vittoria di Conte, il silenzio di Beppe darebbe la misura di quanto i due, dopo la riappacificazione, non siano granché riappacificati (Grillo aveva dato a Conte dell’«incapace» e Giuseppe lo aveva bollato come un ingombrante padre-padrone, poi la debole ricucitura). E del resto, si fa notare nel movimento che non è per niente sereno, Grillo non ha neppure commentato l’esito del voto sullo statuto. Avrebbe potuto dire «bravo Conte» ma non lo ha detto. Gli avrebbe potuto dare una gioia personale e un riconoscimento pubblico ma ha evitato di dargliela. Poi magari ci sarà il contentino nelle prossime ore, ma le distanze restano. Lo schema che ha in testa Grillo, e che Conte non potrà non concedergli, è quello di una sorta di contropotere, ovvero: la presidenza e i 3 vicepresidenti al nuovo leader ma nel Comitato dei Garanti ci sono gli altri. A cominciare da Fico e da Di Maio. A bilanciare il peso di Conte in un organismo dove, pur essendo loro non ostili all’ex premier, Grillo può muoversi agilmente e da lì condizionare o perfino defenestrare Conte. Ma si vedrà come saranno i nuovi equilibri.
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Le grane
Intanto, in ossequio al femminismo come nuova frontiera della vita dei partiti (sono donne per esempio le capogruppo dem di Camera e Senato), Conte starebbe pensando alla squadretta di vicepresidenti tutta al femminile. Un tris di donne: Paola Taverna (la prima che si precipitò a casa dell’ex premier per ricucire la rottura tra lui e Grillo), l’ex ministra Lucia Azzolina che è vicinissima a Giuseppe e da lui molto apprezzata e Chiara Appendino che a Torino non si è ricandidata e a cui stanno facendo ponti d’oro per spenderla come volto del nuovo movimento.
Ma prima di pensare a tutto questo, Conte deve superare brillantemente il voto che si chiude stasera. Intorno al quale fioccano freddure: «Il sondaggio Demos non ha appena detto che Conte è preferito dagli elettori Pd che dai nostri?». Sondaggio forse una volta tanto azzeccato. Infatti il 10 agosto - la notte di San Lorenzo con le stelle cadenti - ci sarà il Mov-Exit: la scissione di un pezzo della base, contro il nuovo corso contiano e in favore di Dibba, Lezzi, Morra e Casaleggio, sui territori da Nord a Sud. Più grane che gioie insomma per Conte. Ma potersi dire leader ed entrare nel bel mondo dei capi partito significa, per l’ex avvocato del popolo, visibilità e onori. L’alternativa era l’oblio.