di Chiara Bruschi
Alle 13 italiane di oggi ci sarà l'ennesimo pronunciamento di un giudice britannico sul caso di Indi Gregory.
«Uno sviluppo del genere non si era mai verificato prima in un caso di fine vita riguardo un bambino nel Regno Unito», spiegano i legali del Christian Concern, che supportano i Gregory. Per questo, precisano, «non è chiaro come e se la Corte d'Appello affronterà questo aspetto della vicenda in questa stessa udienza» o in un'altra sede. La rimozione del supporto vitale sarebbe dovuta avvenire al Queen's Medical Center ieri alle 15 ma dopo il ricorso in appello degli avvocati della famiglia, il termine è stato prorogato. Il supporto non verrà rimosso fino alla fine dell'udienza o fino a quando la Corte non darà ulteriori istruzioni. «La speranza divampa» ha commentato ieri Simone Pillon, che segue la famiglia Gregory come legale in Italia. Fino a ieri, tuttavia, nel Regno Unito i vertici del servizio sanitario e della giustizia si erano detti contrari al trasferimento così come a una «valutazione del rischio con un servizio specializzato di ambulanza aerea», precisano i legali. Ora però i delicati passi compiuti dalla diplomazia italiana in una disperata corsa contro il tempo che dura oramai da lunedì, sembrano rendere l'arrivo di Indi a Roma sempre più probabile. Il padre di Indi, Dean, nei giorni scorsi ha ripetutamente ringraziato l'Italia: «Gli italiani hanno ridato a Claire e a me speranza e fiducia nell'umanità».