Rigoni, lunga e dolce avventura

Martedì 21 Agosto 2018
Rigoni, lunga e dolce avventura
LA STORIA
Erano profughi, sono industriali. Se non ci fosse stata la guerra, quella Grande, la prima detta mondiale, oggi avremmo qualche falegname in più (forse), ma parecchie delizie in meno: le confetture, i mieli, i succhi prodotti dai Rigoni in quel di Asiago. L'azienda, infatti, è figlia della guerra, anzi, del profugato di guerra, quando nel 1916 i Rigoni furono costretti a lasciare la natìa Asiago e ad andarsene sfollati in un paese del Varesotto, per essere precisi nella frazione di Sant'Andrea del comune di Cocquio Trevisago. C'era stata la Strafexpedition, gli austroungarici tra maggio e giugno del 1916 avevano tentato di sfondare sull'Altopiano, avevano piazzato un cannone da marina a Caldonazzo e un colpo aveva preso il campanile di Asiago, spezzandolo. Un troncone della torre campanaria era caduto sul tetto di casa Rigoni, rendendola inabitabile e inducendo la famiglia a fuggire.
Tuttavia si muore anche lontano dal fronte, il nonno, uno zio e un piccolo appena nato, non rientreranno mai ad Asiago. A guerra finita, nonna Elisa si ritrova a capo di una famiglia di otto persone tra figli e figlie, tra i quali due disabili a causa della poliomelite (non c'erano i vaccini antipolio, al tempo). Porta con sé alcuni alveari e inaugura la nuova attività di produzione di miele.
SI INIZIA CON IL MIELE
Nel 1923, ovvero 95 anni fa, nasce l'Apicoltura di Paolo e Mario Rigoni. Tutti aiutano, ognuno fa qualcosa e anche i ragazzi disabili possono dare una mano con le arnie. Le cose vanno bene, l'apicoltura dei Rigoni diventa il punto di riferimento per il miele di Asiago. Poi arriva la guerra successiva, la Seconda, e l'attività passa ai fratelli più giovani, ovvero i genitori della generazione che sta oggi alla guida dell'azienda, nata nei primi anni Cinquanta: Andrea, Antonio, Mario.
«A questo punto la storia diventa la nostra, di noi figli», osserva Andrea Rigoni, l'amministratore delegato dell'azienda, «cominciamo da subito ad aiutare, a fare piccoli lavoretti, d'estate andavamo a trovare la nonna ad Arta Terme, in Carnia, e passavamo il tempo sgranando fagioli. Ricordo con molta tenerezza che il papà e lo zio avevano dedicato un alveare a ognuno di noi bambini e noi dovevamo averne cura, ne diventavamo i responsabili. Gli adulti, da parte loro, ci informavano dell'andamento produttivo».
Tra la fine degli anni Cinquanta e i Sessanta, i Rigoni praticano l'apicoltura transumante: d'inverno in pianura, d'estate sull'Altopiano; portano gli alveari anche a 1500 metri di altitudine per produrre il miele di montagna. Erano tempi, quelli, nei quali i Rigoni cedevano il loro miele a terzi; in seguito hanno cominciato a confezionarlo e a commercializzarlo, quindi la domanda è salita e allora hanno iniziato a comprare loro il miele da terzi, prestando sempre grande attenzione che fosse prodotto secondo i loro parametri di qualità.
LA GRANDE SCOMMESSA
Ecco la prima grande scommessa: la Rigoni punta tutto sul miele monofloreale. «Allora il miele era miele», spiega Andrea Rigoni, «non si distingueva, non si diceva neanche millefiori». Invece loro scommettono sulle varietà selezionate e alla fine degli anni Settanta provvedono anche a rafforzare la parte commerciale. «Abbiamo subito riscontrato un grosso interesse da parte del mercato», continua l'amministratore delegato, «l'Apicoltura Rigoni è diventata velocemente molto famosa crescendo attorno alle varietà monofloreali di mieli italiani, proposte a farmacie, erboristerie e negozi specializzati. A partire dai primi anni Ottanta la presenza del nostro miele era diffusa in tutta Italia».
Proprio in quegli anni nascono le confetture, concepite come diversificazione del miele che viene usato per dolcificare la composta di frutta. Conquistano un mercato formato da estimatori oggi si direbbe di nicchia sia del miele sia delle confetture. C'è però bisogno di fare il salto e verso il 1995 nasce Fiordifrutta. Già da dieci anni la Rigoni usava soltanto frutta certificata biologica (e ancora oggi è così) e come dolcificante non utilizzava, e non utilizza, zucchero raffinato bensì succo di mela filtrato. Tutto questo fa sì che la marmellata prodotta dalla Rigoni non possa essere chiamata confettura perché ha una percentuale di zucchero più bassa del consentito; dovrebbe essere meglio, ma non lo è per le norme talvolta assurde che regolano il settore alimentare. Il nome Fiordifrutta è di fantasia, ma ormai identifica la produzione di 26 varietà diverse di confetture.
Da una decina d'anni la Rigoni produce crema di nocciole al cacao, con una percentuale di zucchero (di canna) inferiore di oltre il 30 per cento rispetto alle creme spalmabili tradizionali e ha immesso sul mercato anche una linea di succhi di frutta. Tra qualche mese arriverà sugli scaffali la crema di nocciole bianca, ovvero senza cacao. I prodotti Rigoni sono certificati kosher e alcuni rispondono ai parametri vegani.
SI VA ALL'ESTERO
L'Italia non bastava più per sostenere tali volumi e quindi l'azienda si è espansa in Bulgaria dove da una quindicina d'anni produce piccoli frutti (mirtilli, lamponi, fragole), ciliegie, mele, nocciole e dove, come anche in Italia, avviene un'importante raccolta di frutti selvatici: dai mirtilli, alla rosa canina, al corniolo. Tutta la produzione è sorvegliata in modo che risponda alla qualità richiesta, in Bulgaria avviene solo una prima lavorazione, quindi la frutta viene surgelata e spedita in Italia: il prodotto finito, certificato 100 per cento bio, esce soltanto dallo stabilimento di Foza, sull'Altopiano di Asiago. «Abbiamo compiuto scelte coerenti e di qualità delle materie prime ci hanno permesso una differenza importante in un settore appiattito sull'offerta», sostiene Andrea Rigoni.
Oggi la Rigoni di Asiago srl è un gruppo da 110 milioni di fatturato e da 198 dipendenti in totale, tra Italia e Bulgaria, una cinquantina dei quali stanno nella sede produttiva di prima trasformazione in Bulgaria. Ad Asiago si lavora su tre turni (ovvero giorno e notte), cinque giorni alla settimana, con dieci operai per ogni turno. Per evitare le oscillazioni del raccolto agricolo viene mantenuto un magazzino molto fornito, con almeno il 50 per cento in più di ciò che viene consumato in un anno, in modo da garantire i rifornimenti anche nel caso di scarsità produttiva. Ogni anno vengono lavorate 15 mila tonnellate di prodotto, ovvero 70/80 al giorno, per una produzione di 45 milioni di vasetti, cioè 300 mila al giorno, vale a dire 15/18 mila all'ora.
Lo stabilimento di Foza, aperto nel 1990, si estende su 25 mila metri quadri e ha un deposito di stoccaggio capace di 13 milioni di vasetti. Andrea Rigoni illustra tutto questo con legittimo orgoglio, spiega come funzionano i macchinari che sfornano vasetti etichettati e sigillati, guarda la fabbrica sua e dei suoi fratelli, ma alla fine conclude: «In fondo noi siamo solo dei grandi artigiani».
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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