«Così salvo la cupola di Milano»

Mercoledì 16 Ottobre 2019
«Così salvo la cupola di Milano»
IL PROGETTO
Dal basso verso l'alto. Lo sguardo deve partire da terra per poi puntare al cielo, accarezzando la cupola a quasi 90 metri di altezza. Per scorgere lassù, tra le luminose volte del Duomo di Milano, quello che viene creato più umilmente a terra, dipinto sul semplice suolo di un laboratorio di Dosson. Paolino Libralato ama la cattedrale milanese, «è una colonna d'amore che va verso il cielo, un'opera d'amore infinita», e proprio per questo il lavoro che il celebre scenografo veneziano si prepara a realizzare per Milano «merita un'attenzione particolare». Perché si tratta di un restauro anomalo e anche innovativo: e cioè rifoderare gli otto spicchi della cupola con pezzi di tela dipinta.
IL FILM
«Si tratta di in progetto innovativo», spiega il maestro di Noale, in questi giorni protagonista di La voce degli eroi, un bel documentario di 40 minuti prodotto dall'agenzia Velvet e disponibile sulla piattaforma Youtube, che racconta da vicino il suo lavoro, le sue passioni e la magia che si ricrea nella sua bottega artigianale ogni volta che stende le lunghe tele sul pavimento per poi dipingervi sopra le scenografie di una Boheme («devo prepararne una per il Petruzzelli di Bari, 300 metri quadri che devono essere pronti per novembre») o di uno Schiaccianoci («nuovo lavoro per Palermo, e hanno fretta pure loro: prima settimana di dicembre»).
Come quando crea per il teatro, il balletto o l'opera lirica, Libralato danza sulla pittura dipingendo in piedi, su oceani di stoffa o toulle sopra i quali si muove manovrando pennelli lunghi più di un metro con la stessa delicatezza e precisione di un pennellino da tavola. In più di trent'anni di carriera ha firmato scenografie e fondali per 240 balletti e opere liriche, facendosi apprezzare in tutto il mondo, da Tokyo a Zurigo, Seul, Lisbona, New York, Parigi, San Pietroburgo, Helsinki, Scala e Fenice comprese. «Sono un artigiano, portatore di un sogno, quello di nobilitare la pittura di scena. Donandovi anima e poesia». La sfida è tutta qui: ricostruire mondi che sono stati immaginati da altri o che non esistono più».
IL LAVORO
Come gli spicchi della cupola del Duomo, «un tempo rivestita di affreschi poi tolti per alleggerire le vele - spiega il maestro - Adesso c'è un velo di cemento leggero, colorato di giallino, quasi a voler creare l'effetto di un vecchio muro. Su questa superficie rugosa si sta provando a incollare un campione di tela dipinta». Libralato è stato scelto tra un gruppo di professionisti incaricati di presentare il proprio progetto di restauro della cupola: «Mi sono ispirato a un antico dipinto del 1823 che rappresentava uno spicchio della Gran Cupola del Duomo» con tutti gli arabeschi, le linee intrecciate e le forme sinuose tipiche del periodo gotico. «Così ho fatto una prova. Visto che stanno pulendo i marmi del Duomo, e stanno emergendo colori nascosti dallo smog, come azzurri e rosa, perché non immaginare una lastra di marmo non scolpita ma dipinta? Il ramage è una decorazione, è come una palpebra tra la Madonna che ci guarda e il cielo. Una sorta di pizzo decorato e, sul fondo, il cielo turchese». Lo scenografo ha così iniziato a disegnare il primo pezzetto di cupola, «sono 50 metri quadri a spicchio, per un totale di 400 metri quadri», sempre sul pavimento della sua bottega, su un supporto che è «tela di cotone ignifuga». Poi lo spicchio dovrà essere incollato alla struttura, «in alto, a 80 metri di altezza. E' una cosa complicata stare lassù sull'impalcatura e incollare gli spicchi sulla cupola. Non si tratta di superfici piane, ma concave, e la tela ti cade addosso mentre la attacchi. Bisogna accompagnare la volta con l'incollaggio. Insomma, una cosa mai fatta prima. Sto ristudiando i colori, sto riscoprendo il mio fare, perché anch'io non posso usare tutti i prodotti che impiego per le normali scenografie. Vedremo che accade con il primo spicchio. Poi verrà anche una commissione vaticana a verificarne il risultato. Quindi decideranno se si potrà continuare oppure no. Rifoderare gli 8 spicchi della cupola con della tela è ben diverso che realizzare una scenografia».
IL MESTIERE
Un'antica arte in estinzione, quella della pittura di scena, che lo scenografo cerca di nobilitare e mantenere in vita mettendoci cuore, anima e tanta passione. «Sono cresciuto amando i vedutisti, Canaletto in primis (che ama anche riprodurre, ndr): anche lui iniziò la sua carriera come scenografo. Ho imparato da lui, non sapessi rappresentare il minimo dettaglio nel piccolo, non sarei in grado di muovermi nei mondi giganteschi delle grandi scenografie. Canaletto è il compendio dell'apprendere scenografico, partendo dalla sua inquadratura puoi ingrandire tutto». Cupole comprese.
Chiara Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci