Canova, uno scultore per l'eternità

Venerdì 12 Luglio 2019
Canova, uno scultore per l'eternità
L'ANNIVERSARIO
Imparò l'arte dello scalpellino prima dal padre, che però morì lasciandolo orfano ancora bambino, e poi dal nonno pure lui abile tagliapietre. Il temperamento burbero dell'anziano forgiò non solo le sue mani che diventarono sempre più abili nel scalfire e modellare la materia, ma anche il carattere. Il severo nonno non risparmiò mortificazioni al giovane nipote, ma ne intuì anche lo straordinario talento. Per questo appena undicenne Antonio Canova, quello che diventerà il più grande esponente del Neoclassicismo, lasciò Possagno nel trevigiano dove nacque nel 1757 ed entrò nelle botteghe dei migliori maestri veneziani. Ed è qui che creò le prime opere, come il gruppo raffigurante Dedalo e Icaro, e aprì lo studio a San Maurizio. Solo l'inizio di una carriera ricca che lo portò a Roma, una sorta di sua seconda patria, ma anche a Napoli dove rimase incantato di fronte al Cristo velato, che cercò pure di acquistare, al punto da affermare che avrebbe dato dieci anni della sua vita per essere lui l'autore di quel capolavoro. Vide la fine della Repubblica Serenissima, visse gli anni turbolenti della calata di Napoleone che svuotò l'Italia di opere d'arte e alla fine della sua vita s'impegnò anche perché alcune di esse rientrassero in patria. Frequentò le più importanti corti europee, giunse fino in Russia, le sue opere furono commissionate da pontefici e reali. Lo stesso Bonaparte lo corteggiò a lungo per averlo in Francia e volle vedersi ritratto in una statua modellata dalle sue mani. Peccato che Canova lo ritrasse nudo e Napoleone non apprezzò, così quell'opera rimase coperta da un telo nei magazzini del Louvre.
IL SUCCESSO
Antonio Canova in vita ha avuto gloria e notorietà, abbracciò le teorie neoclassiche del tedesco Winckelmann convinto che l'arte greca avesse raggiunto un apice di perfezione impossibile da superare. Studiò la mitologia greca, fece proprie le divinità degli illustri antenati dando forma ad opere come Amore e Psiche, Le tre Grazie, che ispirarono anche Ugo Foscolo, Adone e Venere, ma plasmò anche il Monumento funerario a Maria Cristina d'Austria e Paolina Borghese. Un tuffo nel passato, rivisitato con originale talento, malgrado l'Europa fosse ormai travolta dal vento innovativo del Romanticismo. Fino all'ultimo lavoro legato al rientro in vecchiaia nella sua Possagno per realizzare la chiesa parrocchiale. In realtà progettò, e anche finanziò, un tempio con pianta circolare e colonne doriche sull'esempio del Pantheon di Roma. La prima pietra del Tempio Canoviano fu posata l'11 luglio del 1819 tra grandi feste in paese e la partecipazione dello stesso artista. Canova però morì il 13 ottobre del 1822, quindi a lavori appena iniziati, e nel suo testamento affidò al fratellastro Monsignor Giovanni Battista Sartori il compito di portare a termine l'impresa.
LE RICORRENZE
Ad esattamente duecento anni dalla posa di questa prima pietra prendono avvio gli Anniversari Canoviani. Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Canova, Mario Guderzo, direttore della Gypsotheca e del Museo Antonio Canova e il sindaco di Possagno Valerio Favero apriranno ufficialmente le celebrazioni che saranno solo l'inizio di un percorso che si concluderà nel 2022, anno del bicentenario della morte del grande artista neoclassico. Dopo il concerto di ieri sera dei Solisti Veneti, il week-end di eventi prosegue questa mattina alle 11: toccherà a Sgarbi e Guderzo inaugurare la mostra Un tempio per l'eternità, proprio in questo spazio dove Canova ha saputo riunire l'antica Grecia all'Impero Romano. I suoi modelli per il tempio di Possagno erano stati il Partenone di Atene, la Rotonda di Agrippa a Roma e i templi di Paestum. A concludere l'opera le pareti rivestite da lastre di pietra lavorata, la cupola a rosoni dorati che simboleggia il firmamento, la pala d'altare con il Cristo realizzata dallo stesso Canova, che quando non aveva materia prima da scolpire, dipingeva. Tanto lavoro solo iniziato, ma sul letto di morte lo scultore consegnò al fratellastro monsignore il testamento affinché continuasse a «compiere ed abbellire in ogni sua parte, senza il minimo risparmio, e nel più breve tempo possibile il Tempo di Possagno». Concluso dieci anni dopo il tempio il 7 maggio del 1832 fu consacrato alla Santissima Trinità da Monsignor Sartori e rimane il più grande dono che Canova fece al suo paese natale.
IL CARTELLONE
Un modello ligneo in scala faciliterà la visione dell'edificio ai visitatori che oggi, alle 15, avranno la possibilità di essere accompagnati da una guida che svelerà loro oltre al tempio anche la Gypsotheca e la casa dove nacque Antonio Canova. Mentre, alle 17, sempre nel Tempio, si terrà la lectio magistralis di Guido Beltramini su Classicismo e Neoclassicismo, Canova e la diffusione della cultura veneta nel mondo e, alle 21, seguirà la proiezione del film che ripercorre la vita e l'arte dello scultore. Domani sarà la volta del Galà in bianco, una cena di raccolta fondi per il restauro delle metope canoviane. Mentre domenica, alle 10.30, sarà celebrata la messa con monsignor Pietro Parolin e don Sergio Mercanzin e, alle 17, seguirà il concerto del Venice Monteversi Academy. Gli Anniversari Canoviani sono promossi dall'Opera Dotazione del Tempio Canoviano e dal Comune di Possagno.
Raffaella Ianuale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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