Il Piave fa sempre paura Si muovono i prefetti

Venerdì 6 Dicembre 2019
L'ALLARME
TREVISO I sindaci guardano il Piave e non nascondono un certo timore. Un anno fa l'esondazione è stata solo sfiorata; tre settimane fa la pioggia, le raffiche di Scirocco, hanno alzato ancora il livello dell'acqua facendo temere il peggio. Fortunatamente nella Marca non è successo nulla, ma ormai il rischio di una piena si fa ogni anno più concreto. E si cercano soluzioni. Lunedì, a Venezia, proprio il Piave e i suoi rischi saranno al centro della riunione convocata dal prefetto veneziano Vittorio Zappalorto, che ha chiamato sia la Regione, che tutti i comuni rivieraschi del medio e basso Piave, oltre al prefetto di Treviso Maria Rosaria Laganà. Un punto solo all'ordine del giorno: quali rimedi prendere per scongiurare che il fiume sacro alla Patria esondi, proprio come capitato con la grande piena del 1966. Nessuno vuole più rivivere l'incubo di allora.
PAURE
I sindaci dei comuni trevigiani hanno già affrontato l'argomento in un incontro col prefetto Laganà. Il tema del Piave è stato centrale e il prefetto ha raccolto i timori e la paura di primi cittadini che, a ogni allarme, passano intere nottate nelle sedi della Protezione Civile pronti a diramare ordinanze di evacuazione non appena l'acqua inizia a salire. «I sindaci sono preoccupati - ammette il prefetto Laganà - e chiedono delle soluzioni. Noi prefetti non siamo tecnici, ma siamo molto attenti alle emergenze presenti nel territorio. Rispondo molto volentieri alla convocazione del prefetto di Venezia e sono curiosa di conoscere le possibili soluzioni prospettate dai tecnici per tenere sotto controllo le acque del Piave, così come di altri fiume come il Livenza e, più su, del Tagliamento».
DALLA REGIONE
Raccoglie l'invito del prefetto veneziano anche Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all'Ambiente e alla Protezione Civile: «I prefetti e i sindaci sono giustamente preoccupati per le condizioni di fiumi come Livenza, Tagliamento e soprattutto Piave. Lo scorso anno sarebbe bastata un'ora in più di pioggia e il Piave sarebbe esondato. E anche quest'anno la situazione è stata complicata». I tecnici della Regione una soluzione per contenere le acque del Piave l'avrebbero già trovata: le casse d'espansione in località Ciano del Montello. «È una soluzione prevista già nel 2013 approvata e finanziata, da un decreto ministeriale - precisa l'assessore - non ci stiamo inventando niente. E ci sono anche studi e calcoli che comprovano che quella sia la scelta più giusta. Sinceramente non vedo la difficoltà di avere un'area erbata che, una volta ogni 20-30 anni, si allaga evitando così di far andare sotto intere città. A Portobuffolè, per dire, un bacino di laminazione analogo è stata fatto per il Livenza e nessuno si lamenta. E poi: accetto le critiche e mi sta bene che un'opera a qualcuno non piaccia. Però mi si deve dare un'alternativa altrettanto valida e altrettanto supportata da studi e numeri. Una generica pulizia del Piave non basta. Portare la portata del fiume da 1800 metri cubi al secondo a 3mila non è sufficiente. Nel 1966 il Piave arrivò a 4600 metri cubi».
LA PROTESTA
Il comitato per la difesa delle Grave di Ciano, contrario al bacino di laminazione, però non demorde. Chiede alla Regione di rinunciare a opere troppo invasive e «di fare proprio un approccio che miri alla riqualificazione fluviale attraverso una pianificazione corretta dell'intero bacino idrografico del Piave, puntando al ripristino per quanto possibile dello stato naturale del fiume e coniugando la gestione del rischio idraulico ai molteplici vantaggi ambientali, sociali ed economici che l'applicazione di tale approccio ha già dimostrato di avere».
Paolo Calia
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