Quel divieto di aiutare a uccidersi I giuristi: è una legge da cambiare

Giovedì 15 Febbraio 2018
Quel divieto di aiutare a uccidersi I giuristi: è una legge da cambiare
IL FOCUS
Con i naturali distinguo e le differenti interpretazioni, tutti giudicano positivo che la parola finale passi alla risolutiva interpretazione della Corte costituzionale. L'articolo 580 del codice penale che disciplina l'istigazione al suicidio, il valore della vita, il rapporto tra la percezione etica di quel valore e la sua evoluzione storica nelle riflessioni dei giuristi dopo la decisione della Corte d'Assise d'appello di Milano sul processo a Marco Cappato nella vicenda di Dj Fabi. «Nella storia l'idea culturale del suicidio ha subito diverse interpretazioni nel tempo - dice il professore Francesco Paolo Casavola - In epoca precristiana, veniva giustificato per motivi di onore, per la confessione di un misfatto, per un comandante militare che sceglie di uccidersi invece di arrendersi al nemico. Poi, il cristianesimo ha legato la sua etica religiosa anche all'integrità del corpo donato da Dio. In questo caso, però, si discute esclusivamente su chi aiuta qualcuno a mettere in atto la sua decisione di porre fine alla propria vita». Ed è questo l'argomento giuridico di fondo, sintesi dell'ordinanza dei giudici milanesi. Il suicida, per ovvi motivi, non può essere punito e il suicidio in sé quindi non è reato. Ma non lo è neanche il tentato suicidio. Così, spiega il professore Antonio Vallini che a questi temi ha dedicato un suo lavoro: «Il suicidio, che non crea offesa ad altri, viene considerato un atto lecito. Sul terzo che lo agevola o lo rende possibile si è più volte espressa anche la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu). Il punto nodale resta la tutela di chi è fragile psicologicamente cercando il suicidio in condizioni depressive e viene aiutato a farlo. Ma se c'è piena consapevolezza nel suicidio e viene deciso in altre situazioni, estreme, dov'è la vittima del reato?».
IL DIRITTO ALLA SALUTE
Un tema di cui si occupano da prospettive diverse sia il codice civile sia il codice penale. Il rapporto con quanto prevede la Costituzione riguarda essenzialmente il diritto alla salute e l'eguaglianza dei cittadini. Sostiene il professore Michele Ainis: «Premesso che stiamo parlando di una buona notizia perché finalmente, di questo tema si occupa la Consulta sciogliendo temi rimasti troppo a lungo sospesi, credo che sia opportuno rivedere una norma che nasce in un codice varato in epoca fascista con forte impronta derivante dal cattolicesimo». Per il professore Ainis, il paradosso delle norme attuali è che «se stai bene, ti puoi uccidere; se invece hai situazioni fisiche e di salute in cui vuoi farlo ma hai bisogno che qualcuno ti aiuti diventa reato». Etica, diritto e storia. Un approccio multidisciplinare che, ragionando su suicidio ed eutanasia, è più che mai indispensabile. Lo argomenta il professore Casavola: «Le convinzioni e le sensibilità su questi temi sono sempre storicamente determinate. Variano con i mutamenti storico-sociali, che provocano cambiamenti anche nelle soglie etiche su più fenomeni. Va considerato che chi si suicida rifiuta il legame sociale che è proprio dell'essere umano, considerandosene già estraneo. Il caso in questione ne è espressione. E allora è più che giusto che, ad attualizzare costituzionalmente questi temi, intervenga la Consulta».
Un altro tema su cui la Corte costituzionale viene chiamata a decidere per dare vita al diritto che è, per definizione, sempre influenzato dai mutamenti sociali e dalle ideologie e convinzioni in continuo divenire. E accaduto anche in altri Paesi europei. In Svizzera, Belgio e Olanda il suicidio assistito è consentito. Spiega il professore Vallini: «La Corte europea ha affrontato molti casi nati in Inghilterra, dove invece esiste un divieto simile al nostro. L'aspetto singolare è che la Cedu, pur riconoscendo il suicidio come una forma di libertà, non ha mai condannato gli Stati che, come l'Inghilterra, hanno normative molto rigorose su questo tema. La Corte costituzionale credo debba affrontare la questione dell'equilibrio tra una libertà e la scelta di essere aiutati a soddisfarla, con la necessità di impedire abusi da parte di chi è fragile psicologicamente». Un tema impegnativo, perché se il codice civile (estraneo al quesito che arriva alla Consulta) affronta la questione dell'integrità fisica, la decisione estrema di togliersi la vita trova spazio nel codice penale solo per l'aiuto fornito da un terzo al suicida. Dice ancora il professore Casavola: «È evidente che siamo di fronte ad un superamento di fatto dell'etica cristiana. Il tema giuridico, ormai, si muove partendo da un'etica diversa di pura razionalità laica».
Gigi Di Fiore
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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