L'ANALISI
PARIGI «L'evoluzione era, per così dire, inevitabile: i gilets

Domenica 17 Marzo 2019
L'ANALISI
PARIGI «L'evoluzione era, per così dire, inevitabile: i gilets jaunes sono sempre meno, se ne vanno, e chi resta, sono i più radicali, i casseurs, i saccheggiatori, quelli che vogliono la rivoluzione»: Jean-Yves Camus presiede l'osservatorio delle radicalità alla Fondation Jean Jaurès. Davanti al palazzo in fiamme sugli Champs Elysées commenta: «di sicuro saranno soddisfatti, è quello che volevano, ma non otterranno l'effetto sperato. Pensano di scatenare la rivoluzione, non faranno che aumentare il sostegno a Emmanuel Macron e alla République en marche, come sta già accadendo». Ieri sono stati almeno in 1500 a lanciare l'assalto agli Champs Elysées. Con la benedizione però di almeno una parte dei gilets gialli, di quelli che continuano a pensare che Eric Drouet sia il loro portavoce.
IL CAMIONISTA RADICALE
Il 33enne camionista di Melun spinge per rendere più «dura» la protesta e più radicale il movimento. Ha già annunciato che le marce e le manifestazioni non servono più, che ci vuole «altro», «azioni diverse» sulle quali rifletterà, come ha detto in uno dei suoi live su Facebook. La protesta delle rotatorie, le sfilate «gialle» lungo gli itinerari dichiarati alle prefetture, non funzionano più. Non è soltanto la partecipazione che continua a scendere dall'inizio dell'anno, ma anche l'entusiasmo, gli scambi sui social (finora fedele indicatore della vivacità della protesta) e, soprattutto, il sostegno dell'opinione pubblica. La normalizzazione è stata un fallimento. L'iniziativa di una lista politica per le Europee era sembrata per un attimo decollare con Ingrid Levavasseur, l'aiuto infermiera di 33 anni che è stata per qualche settimana il volto «presentabile», mediatico, tranquillizzante dei gilets. Ma l'iniziativa si è frantumata contro un movimento refrattario a qualsiasi gerarchia e sospettoso nei confronti di ogni forma di organizzazione. Subito archiviati anche i tentativi di evoluzione in «partito», ormai sono svariati, nessuno con serie possibilità di sopravvivenza.
A tenere viva la fiamma delle origini, resta la forza tranquilla di Priscillia Ludoski. Fu lei a dar fuoco alle polveri lo scorso ottobre, con la sua petizione contro l'aumento delle tasse sui carburanti. Priscillia non ha mai deviato, non ha mai cambiato tono, mai ceduto a tentazioni politiche o di celebrità (pur restando una delle figure più amate e meno discusse del movimento). Se le tasse sui carburanti non sono più di attualità (Emmanuel Macron ha annullato gli aumenti), Priscillia si è ormai lanciata nella battaglia per instaurare il Ric, il referendum di iniziativa popolare. Segno che è sempre lei a cogliere nel segno, forse anche questa richiesta potrebbe essere (almeno parzialmente) accolta dal presidente quando si dovranno tirare le somme del grande dibattito nazionale che si è appena concluso. Nell'attesa, mentre le rotatorie sulle statali e i blocchi ai caselli sulle autostrade si svuotano e in provincia i sabati diventano sempre meno movimentati, Parigi rischia di diventare il palcoscenico dei più radicali. Di quelli più politicizzati ed estremisti (che siano allultra-destra o all'ultra-sinistra), dei casseurs altermondialisti e anticapitalisti, più cittadini, dei saccheggiatori di professione, volentieri provenienti dalle limitrofe banlieues, e anche dei gilets gialli convertiti alla lotta più dura del portavoce Drouet.
LE FORZE DELL'ORDINE
La polizia, nonostante le denunce di uso indiscriminato di flashballs, non modifica la dottrina alla base delle forze dell'ordine di Francia: evitare il contatto diretto con i manifestanti. Per questo spiega Camus c'è l'impressione di un «laissez-faire» e di un via libera alla guerriglia nel cuore di Parigi: «Ma 1500 radicali pronti a entrare in azione in Francia ci sono sempre stati: ci furono durante le grandi rivolte del 2005 e anche, molto più di recente, durante le manifestazioni del primo maggio dell'anno scorso».
Fr. Pie.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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