Delitto Pedron, la famiglia si oppone all'archiviazione

giovedì 21 luglio 2016
Non si arrende la famiglia di Annalaura Pedron, uccisa il 2 febbraio 1988 mentre accudiva un bambino in un appartamento di via Colvera. Attraverso l'avvocato Roberto Pascolat si è opposta alla richiesta di archiviazione del fascicolo contro ignoti aperto quest'anno dalla Procura di Pordenone, in seguito a un esposto presentato da Pietro Pagnes, fidanzato della vittima. L'esposto aveva rimesso in moto gli inquirenti e gettato nuove ombre sul Telsen Sao, setta attorno alla quale è maturato l'omicidio. La nuova attività di indagine è passata attraverso intercettazioni telefoniche, testimonianze, un confronto tra l'ex leader del Telsen Sao, Renato Minozzi, e David Rosset (processato a distanza di 22 anni come se ne avesse ancora 14 e assolto dalla Corte d'appello in quanto immaturo all'epoca dei fatti e non imputabile), nonchè l'accertamento su un Dna sconosciuto trovato su un cuscino durante la perizia eseguita in fase processuale. Il Dna era del bambino che Annalaura accudiva. Gli altri accertamenti non hanno permesso di trovare riscontri a quanto indicato nell'esposto. «Non ci sono elementi oggettivi - aveva spiegato il procuratore Marco Martani annunciando la richiesta di archiviazione dell'indagine - per dire che quel giorno nell'appartamento ci fossero altre persone oltre al bambino, alla vittima e a Rosset».
Non la pensa così la famiglia Pedron. Ritiene che nelle mille pagine che hanno arricchito negli ultimi mesi un fascicolo di 28 anni fa (riaperto nel 2008 grazie al test del Dna) vi siano alcuni aspetti che meritano ulteriori approfondimenti. A decidere se i motivi individuati dalla parte offesa siano validi per disporre un supplemento di indagine sarà il giudice per le indagini preliminari.
La Procura si era mossa sulla base delle indicazioni dell'esposto, che invitava a fare approfondimenti su alcuni membri del Telsen Sao e sulla possibilità che i segni sul collo della vittima fossero una sorta di messaggio comprensibile solo al linguaggio in codice usato dalla setta. Negli ultimi mesi sono stati sentiti gli ex appartenenti alla setta, sono state prelevate le loro impronte e confrontate con quelle trovate su una bottiglia di Rabarbaro Zucca presente sulla scena del delitto: una è della padrona di casa, per l'altra non ci sono riscontri. Sono state disposte anche intercettazioni per capire se la setta fosse ancora attiva, ma sono state inutili. L'unico elemento di novità è l'attribuzione del nuovo profilo genetico al bambino a cui Annalaura badava. Un test al quale sono state sottoposte 40 persone.
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