«Azienda usata fino al crac per travasare liquidità illecita all'esterno»

Mercoledì 17 Marzo 2021
La presenza a Fontanafredda di Giuseppe D'Urso, il messinese raggiunto da un'interdittiva antimafia del prefetto di Verona per le sue connessioni con i Casalesi, conferma che il rischio di infiltrazioni mafiose nelle aziende friulane in crisi è alto. In questo caso sono stati contestati reati comuni, seppur sentinella della criminalità organizzata. «Non sono emersi elementi connessi al reimpiego di risorse finanziarie di provenienza delittuosa», conferma il comandante provinciale delle Fiamme Gialle, Stefano Commentucci. D'Urso aveva rilevato, in qualità di amministratore di fatto, la proprietà di Ceaf Srl. «Invece di capitalizzarla - spiega il colonnello Commentucci - l'ha usata per acquisire illecitamente liquidità dai suoi fornitori, mai pagati, e per commettere illeciti fiscali mediante fatture fittizie e vendite a nero, attività che hanno portato al fallimento dell'azienda. La società non è stata usata per inserire liquidità di dubbia origine tramite attività di riciclaggio, bensì per creare liquidità illecitamente in ambito aziendale e travasarla all'esterno». Si tratta di condotte tipiche degli ambienti mafiosi, finalizzate al finanziamento degli stessi sodalizi. «L'assenza di reati di tipo mafioso e la non residenza dell'indagato in Friuli - spiega Commentucci - non ha permesso di contestare attraverso la Dda fattispecie specifiche, per le quali sono stati attivati scambi informativi con forze di polizia e Procure competenti. Rimane il fatto che vi sia stata una presenza e un'operatività nel territorio di un'azienda attigua alla criminalità organizzata. I provvedimenti dalla Procura di Pordenone attestano l'incisività dell'attività di vigilanza sul territorio».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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