«Sette su dieci non possono venire, in questo modo cresce il lavoro nero»

Giovedì 21 Gennaio 2021
«Sette su dieci non possono venire, in questo modo cresce il lavoro nero»
L'INTERVISTA
MONTEGROTTO «La cosa più bella che abbiamo capito in questa situazione è che i clienti sono fedelissimi: se non possono venire non vanno da altri» racconta Beatrice Daniele del salone Otello di Montegrotto Terme. Niente viaggi tra comuni diversi dal proprio per una messa in piega o una maschera al viso. E i saloni di parrucchieri ed estetisti si svuotano inevitabilmente. «Nel nostro caso abbiamo una difficoltà in più spiega Daniele Nel comparto termale siamo in tanti a fare questo mestiere, ci saranno una quarantina di negozi in un comune da 11 mila abitanti. E con gli alberghi chiusi mancano tantissimi clienti».
In cosa influisce la chiusura degli alberghi?
«Per i dipendenti. Ogni albergo ha un centinaio di dipendenti e molti vengono a farsi i capelli nel luogo dove lavorano, magari in pausa pranzo per ottimizzare i tempi. Ora che sono chiusi abbiamo perso una grossa fetta di clienti. Magari in città grandi come Padova va meglio anche se mi dicono che c'è comunque poco movimento, quasi solamente la mattina».
Quante persone sono impossibilitate a venire da voi?
«Più o meno il 70 per cento dei nostri clienti. Tra Abano e Montegrotto c'è un minimo di lasciapassare ma per il resto i controlli sono ferrei. Giusto stamattina (ieri, ndr) ho ricevuto una chiamata da una signora di Selvazzano che non può venire perché ha sentito i vigili e le hanno detto che rischia 400 euro di multa. Ma sa qual è la cosa che più mi ha colpito in tutto ciò?».
Qual è?
«La fedeltà. Tante mie clienti dicono che se non vengono da me aspetteranno. Davvero non me l'aspettavo e fa capire che anche il nostro lavoro ha la sua importanza per le persone, proprio dal punto di vista sociale. Ci sono tante signore anziane che magari vedono poco i figli e l'unico contatto con un altro essere umano è quando vengono da noi, dove fanno una chiacchierata, vengono coccolate».
A questo punto preferireste chiudere del tutto?
«Certo, in questo momento abbiamo solo spese. Ma non è solo una questione di guadagno, è che vedere il salone vuoto fa piangere il cuore. Facciamo questo lavoro soprattutto per passione e una situazione del genere ci rattrista, non guardiamo solo al denaro».
Quante persone potrebbe contenere il suo salone?
«Sette comprese due operatrici. Per fortuna è abbastanza grande quindi fino all'autunno si riusciva a lavorare tranquillamente rispettando tutte le regole anti-contagio ma con questo divieto di girare tra comuni resta vuoto. È molto triste e si crea un altro problema, quello del lavoro sommerso che sta aumentando a dismisura».
Parrucchiere che vanno a domicilio.
«Esatto. Non ci sarebbe permesso farlo ma magari ci sono persone anziane che faticano a muoversi, non riescono nemmeno a lavarsi la testa e non hanno l'aiuto dei figli o di una badante. È anche una questione di igiene personale, in questo momento storico più importante che mai. E sempre più persone vanno nelle case di questi anziani, poi da un altro e un altro ancora, senza alcun controllo come invece c'è all'interno di un salone».
Come vede il futuro?
«Meraviglioso. Lo so, ho un pensiero contro corrente, ma da formatrice non posso che credere nel futuro. Finirà, sarà dura ma finirà».
Silvia Moranduzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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