LA DENUNCIA
PADOVA «Da cinque anni a questa parte, l'aria di Padova non è mai stata così inquinata». A denunciarlo è Legambiente che attacca il Comune per il Pums e i commercianti. Non solo. L'associazione ambientalista ricorda che alcun studi non escludono che il Pm 10 possa agevolare la diffusione del Coronavirus.
«Dal primo gennaio al 20 marzo, fine dell'inverno 2020 ha spiegato ieri Lucio Passi, responsabile politiche antismog di Legambiente - in tutte le cinque centraline che monitorano lo smog in città sono stati registrati più superamenti del limite giornaliero di Pm10, che per legge è di 35 giorni all'anno, degli analoghi periodi degli ultimi cinque anni». Questo il raffronto dei dati registrati al 20 marzo 2020 con quelli dell'analogo periodo del 2019 nelle cinque stazioni Arpav: via Internato Ignoto nel 2020 48 superamenti (47 nel 2019), Granze 48 (46 nel 2019), Arcella 47 (44 nel 2019), Mandria 44 (nel 2019 non funzionante), via Carli 43 (42 nel 2019). «Nonostante negli anni si stia registrando un lento miglioramento della qualità dell'aria, dovuto anche alle limitazioni del traffico tra ottobre e marzo, la situazione è rimasta critica e servono misure strutturali. Purtroppo il Piano Urbano per la mobilità sostenibile che il Comune rischia di approvare a breve, prefigura misure e risultati modesti e deludenti in termini di riduzione del traffico veicolare privato e conseguentemente ai fini del miglioramento della qualità dell'aria. Perciò la nostra associazione chiede al consiglio comunale di apportare radicali modifiche in fase di approvazione».
LA POLEMICA
«Quanto alle polemiche di chi, in presenza di un traffico fortemente limitato dai provvedimenti per contrastare l'epidemia, ha visto nei pochi superamenti di marzo la prova che il trasporto su strada non incida sulle concentrazioni di Pm10 nell'aria, sono i dati stessi a smentirlo ha detto ancora Passi facendo riferimento all'Ascom e all'Associazione commercianti del centro storico - Dal primo al 21 marzo di quest'anno si sono verificati pochissimi sforamenti, meno della metà di quelli dell'analogo periodo del 2019, quando le restrizioni antivirus non erano in atto. Lo sottolinea anche Arpav nel comunicato stampa del 16 marzo».
«Infine, da anni è noto che il particolato atmosferico funziona da carrier ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus ha concluso - I virus si attaccano alle polveri fini, costituite da particelle solide e/o liquide in grado di rimanere in atmosfera anche per giorni e settimane e che possono spostarsi anche per lunghe distanze. Il Pm10, oltre ad essere un vettore, costituisce un substrato che può permettere ai virus di rimanere nell'aria in condizioni vitali per ore o giorni. La diffusione dei virus è facilitata non dallo smog in generale ma dal particolato fine. Sarebbe assai preoccupante dunque, se venisse confermato il recentissimo studio curato da una dozzina di ricercatori e medici italiani delle Università di Bologna e Bari e della Società italiana di Medicina Ambientale, che evidenzierebbe una relazione tra concentrazioni di Pm10 e Pm2,5 e il numero di casi infetti da Covid-19».
Alberto Rodighiero
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PADOVA «Da cinque anni a questa parte, l'aria di Padova non è mai stata così inquinata». A denunciarlo è Legambiente che attacca il Comune per il Pums e i commercianti. Non solo. L'associazione ambientalista ricorda che alcun studi non escludono che il Pm 10 possa agevolare la diffusione del Coronavirus.
«Dal primo gennaio al 20 marzo, fine dell'inverno 2020 ha spiegato ieri Lucio Passi, responsabile politiche antismog di Legambiente - in tutte le cinque centraline che monitorano lo smog in città sono stati registrati più superamenti del limite giornaliero di Pm10, che per legge è di 35 giorni all'anno, degli analoghi periodi degli ultimi cinque anni». Questo il raffronto dei dati registrati al 20 marzo 2020 con quelli dell'analogo periodo del 2019 nelle cinque stazioni Arpav: via Internato Ignoto nel 2020 48 superamenti (47 nel 2019), Granze 48 (46 nel 2019), Arcella 47 (44 nel 2019), Mandria 44 (nel 2019 non funzionante), via Carli 43 (42 nel 2019). «Nonostante negli anni si stia registrando un lento miglioramento della qualità dell'aria, dovuto anche alle limitazioni del traffico tra ottobre e marzo, la situazione è rimasta critica e servono misure strutturali. Purtroppo il Piano Urbano per la mobilità sostenibile che il Comune rischia di approvare a breve, prefigura misure e risultati modesti e deludenti in termini di riduzione del traffico veicolare privato e conseguentemente ai fini del miglioramento della qualità dell'aria. Perciò la nostra associazione chiede al consiglio comunale di apportare radicali modifiche in fase di approvazione».
LA POLEMICA
«Quanto alle polemiche di chi, in presenza di un traffico fortemente limitato dai provvedimenti per contrastare l'epidemia, ha visto nei pochi superamenti di marzo la prova che il trasporto su strada non incida sulle concentrazioni di Pm10 nell'aria, sono i dati stessi a smentirlo ha detto ancora Passi facendo riferimento all'Ascom e all'Associazione commercianti del centro storico - Dal primo al 21 marzo di quest'anno si sono verificati pochissimi sforamenti, meno della metà di quelli dell'analogo periodo del 2019, quando le restrizioni antivirus non erano in atto. Lo sottolinea anche Arpav nel comunicato stampa del 16 marzo».
«Infine, da anni è noto che il particolato atmosferico funziona da carrier ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus ha concluso - I virus si attaccano alle polveri fini, costituite da particelle solide e/o liquide in grado di rimanere in atmosfera anche per giorni e settimane e che possono spostarsi anche per lunghe distanze. Il Pm10, oltre ad essere un vettore, costituisce un substrato che può permettere ai virus di rimanere nell'aria in condizioni vitali per ore o giorni. La diffusione dei virus è facilitata non dallo smog in generale ma dal particolato fine. Sarebbe assai preoccupante dunque, se venisse confermato il recentissimo studio curato da una dozzina di ricercatori e medici italiani delle Università di Bologna e Bari e della Società italiana di Medicina Ambientale, che evidenzierebbe una relazione tra concentrazioni di Pm10 e Pm2,5 e il numero di casi infetti da Covid-19».
Alberto Rodighiero
© RIPRODUZIONE RISERVATA