L'OPERA
PADOVA Dopo 20 anni di attesa apre il nuovo centro immunotrasfusionale

Lunedì 5 Ottobre 2020
L'OPERA
PADOVA Dopo 20 anni di attesa apre il nuovo centro immunotrasfusionale dell'Azienda ospedaliera di Padova. Il servizio, finora confinato in un seminterrato di poco più di 500 metri quadrati, raddoppia la sua superficie occupando il terzo piano del Monoblocco. L'inaugurazione del maxi-laboratorio, con 26 frigoemoteche e un sofisticato sistema di banca dati, è prevista per dicembre. L'investimento complessivo è di 3 milioni e 250 mila euro.
Il cantiere, ancora aperto, ha dovuto fare i conti con lo stop causato dall'emergenza Covid e con l'attività chirurgica nelle sale operatorie vicine. Per non interferire operai e tecnici hanno dovuto lavorare anche in turni extra, la domenica e dalle 18 alle tre di notte.
STRUTTURA
«Anche se siamo in attesa del nuovo ospedale dichiara il direttore generale, Luciano Flor l'attuale ha comunque bisogno di interventi e manutenzioni. Bisogna creare soluzioni fino all'ultimo giorno per avere una struttura che funziona. Non possiamo essere uno dei primi ospedali italiani sul fronte trapianti e avere un centro immunostrafusionale non in grado di rispondere alle esigenze in continuo aumento. Se non c'è sangue tutto si ferma: è una delle funzioni vitali di un ospedale». Il servizio si occupa della gestione trasfusionale su pazienti con laboratorio di automazione immunoematologica, di tipizzazione Hla, aferesi terapeutica e raccolta di cellule staminali.
«Da decenni si parla di trovare nuovi spazi per l'unità immunotrasfusionale ricorda il direttore sanitario Daniele Donato - Ora siamo riusciti a far sintesi. Il centro guidato dalla dottoressa Giustina De Silvestro governa l'intera provincia di Padova, non è solo un laboratorio che raccoglie e distribuisce sangue e derivati, ma vanta un importante profilo scientifico. La plasmaferesi nata a Padova nel 1930 è stata riscoperta qualche mese fa durante l'emergenza coronavirus. L'unità studia metodologie innovative per far fronte a diverse patologie, per trapianti e non solo». Nel 2019 il servizio trasfusionale ha assegnato 49.832 unità di emocomponenti a 11.042 persone, attività rivolta per lo più ai pazienti ricoverati, per un totale di 43.802 richieste. Tra queste 27.541 (62.9%) urgenti, con consegna entro tre ore e 4.033 (9.2%) immediate, con ritiro istantaneo. Il team di immunotrasfusionale oggi conta 70 collaboratori tra medici, biologi, tecnici, infermieri e oss.
«L'attività è aumentata nel corso degli anni spiega Giustina De Silvestro, direttore del centro dal 2003 - e, non avendo spazi disponibili, abbiamo dovuto fare delle scelte. Tra i punti forti ci sono lo studio dei globuli rossi e delle caratteristiche che la trasfusione deve avere per garantire la sicurezza nei pazienti complessi, l'attività funzionale ai trapianti d'organo e di midollo osseo, l'aferesi terapeutica per curare malattie rare. Nel laboratorio di immunogenetica facciamo la tipizzazione Hla per i pazienti avviati ai trapianti, al fine di individuare l'assetto immunologico e studiare la compatibilità tra donatore e ricevente. A volte analizziamo intere famiglie. Per i trapianti d'organo collaboriamo in rete con il Nit di Milano, un consorzio di Regioni che permette di candidare più pazienti per aumentare il cross match».
PROTOCOLLO
In piena crisi Covid, ad aprile, è partito il protocollo sperimentale di cura con il plasma iperimmune. «In quest' ultimo periodo ci siamo impegnati nell'utilizzo del plasma da donatore convalescente destinato a pazienti affetti da Covid 19 in fase acuta aggiunge De Silvestro - Ad oggi siamo riusciti a trattare 60 pazienti malati. Da maggio abbiamo creato la banca del plasma iperimmune, Padova è centro di riferimento e coordina i dipartimenti delle altre Province con difficoltà non indifferenti per il carico di lavoro importante».
Nel 2019 sono stati eseguiti 12.631 test funzionali all'attività di trapianto. Sempre lo scorso anno sono state eseguite 2.134 procedure di aferesi terapeutica in 284 pazienti. Molte di queste procedure (in particolare eritro-exchange, fotochemioterapia extracorporea, leucoaferesi per raccolta di cellule staminali periferiche autologhe) vengono effettuate su pazienti pediatrici, spesso con peso inferiore ai 15 chili. L'unità ha conseguito nel corso degli anni una particolare specializzazione in questi trattamenti. Il centro entro la fine dell'anno potrà contare finalmente su nuovi spazi. I lavori sono stati diretti dall'ingegner Giovanni Spina, responsabile dell'Uoc Servizi tecnici e patrimoniali.
«La consegna dei lavori risale al 2 dicembre 2019 afferma Spina -, il cantiere è stato bloccato dall'emergenza Covid per 47 giorni, facendo salire i costi di 43 mila euro, ma è stato anche il primo a riprendere. Abbiamo dovuto confrontarci con la fatiscenza del fabbricato, portando addirittura gli scarichi dei laboratori fuori dalla facciata. Innumerevoli gli incontri con la direzione medica per concordare i tempi dei lavori, allo scopo di non compromettere l'attività assistenziale e chirurgica in corso. Per le demolizioni gli operai hanno lavorato la notte, il sabato e la domenica. Se c'era un'urgenza in sala operatoria al piano di sotto o di sopra, tutto si fermava. La gestione del cantiere si è rivelata complessa».
Elisa Fais
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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