L'INTERVISTA
PADOVA Un concentrato di simbologia. Un salotto pubblico, fra balli

Sabato 20 Ottobre 2018
L'INTERVISTA PADOVA Un concentrato di simbologia. Un salotto pubblico, fra balli
L'INTERVISTA
PADOVA Un concentrato di simbologia. Un salotto pubblico, fra balli e lotterie però riservato, come dire. Se non si riconosce l'Uroboro, il serpente che si morde la coda, ancora oggi nei pomelli delle maniglie, non si è davvero iniziati. Accadeva nell'Ottocento. Assessore Colasio è sempre difficile trovare la strada per non offendere un monumento simbolo. Voi quale avete intrapreso?
«Quella di mantenerne intatto lo spirito, vietando ad esempio feste esagerate. Tanto che oggi il Pedrocchi propone eventi di classe e cucina di qualità. Poi il Comune è intervenuto spendendo oltre 1 milione per sistemare facciate e stucchi e un altro milione sarà investito per il tetto. Infine gli attuali gestori ci hanno presentato un progetto di qualità per sfruttare il piano superiore».
Per farne un boutique hotel.
«Si chiamano così ora, anche se il Pedrocchi è comunque un fuori scala rispetto a questa definizione. Io credo sia importante recuperare il bene ma nello stesso tempo offrire anche redditività al pubblico. La percentuale del 12,5 per cento sul fatturato consente oggi di incamerare 250mila euro l'anno. E se il fatturato aumenta è buono per noi. Tutto quello che entra lo reinvestiremo sul bene».
Le stanze sono dedicate ai nostri personaggi...
«L'ho chiesto io e non poteva essere altrimenti. Belzoni di cui nell'ottobre del prossimo anno apriremo una mostra era amico di Jappelli. La Duse fece la crocerossina nella Grande Guerra e fu proprio a Padova che si firmò l'armistizio. La chiamerei un'operazione turistico-culturale, dobbiamo puntare su segni forti per invogliare, perché è il fascino che fa opinione».
Non avranno prezzi popolari...
«Lo so, ma stanno crescendo molti ostelli e bed and breakfast. Dobbiamo dimostrare che Padova non è solo quello, coprendo un segmento di fascia alta che ha delle implicazioni sull'immagine della città. Se qualcuno vuole solo la prima colazione o la mezza pensione lo potrà fare... Però in questi ultimi mesi anche la qualità della cucina è salita».
Come si svilupperanno le camere?
«Intanto si entrerà dalla parte degli uffici del Turismo dove ci sarà un piano dedicato alla reception. Poi ci saranno singole o matrimoniali, anche de Luxe e due suites Pedrocchi. Nei locali dove c'erano uffici».
Chi investe?
«Il gestore. Hanno ancora 15 anni di contratto quindi lo possono fare e metterlo in ammortamento. Ma rimane in proprietà del Comune. Credo vada bene anche a loro. In questi anni hanno raddoppiato il fatturato. C'è stata una politica aziendale molto oculata e hanno registrato la qualità complessiva dell'offerta».
Ma come avverrà la gestione? L'investimento potrebbe essere scomputato in parte dall'affitto?
«Dobbiamo ancora capire il percorso tecnico giuridico. Siamo solo all'inizio. A questa proposta dovrà seguire un'articolata manifestazione d'interesse. Comunque ci sarà un gestore unico. Per me si tratta di una corretta valorizzazione del bene culturale per una sua antica funzione residenziale. Era la casa di Antonio Pedrocchi».
Chiuso il cerchio?
«Ho ridato il plateatico e li ho rimessi in condizione di essere operativi. Mi avevano già dato disdetta a gennaio 2018. Abbiamo avuto dei momenti critici, oggi abbiamo consolidato il dialogo».
E l'amministrazione che cosa ha fatto di suo? Negli anni bui, quelli 80 e 90 il Caffé rimase chiuso, non si trovava un gestore. Nel 94 partì l'ultimo restauro che restituì l'edificio ai padovani il 22 dicembre 1998. Poi nel 2003 aprì il Museo del Risorgimento...
«In questi due anni come ho detto abbiamo speso molto per sistemare tutto l'esterno. Mi pare che l'effetto sia molto migliorato. Fra l'altro abbiamo messo un colore a cui lo spray non si può attaccare. Poi spenderemo ancora perché ci hanno detto che il tetto è da risistemare. Direi che ora mancano solo le api della sala Rossini...».
Mauto Giacon
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