Cammina sulle uova Stefano Parisi. Perché lo spettro di Berlusconi incombe

Domenica 18 Settembre 2016
Cammina sulle uova Stefano Parisi. Perché lo spettro di Berlusconi incombe
Cammina sulle uova Stefano Parisi. Perché lo spettro di Berlusconi incombe sulla sua ardua impresa di rilanciare il centrodestra. Archiviare il Cavaliere non si può, osannarlo è imprudente, criticarlo è letale, ignorarlo è impossibile. Però, visto che da qualcosa bisogna pur ricominciare, il nuovo prescelto azzarda la carta del “berlusconismo riformato”. «Il suo manifesto del 1994 era un grande manifesto liberale, ma con gli anni è entrato in crisi. Bisogna ricominciare da lì, tenendo conto - che i tempi sono cambiati». I tempi sono cambiati, ed è cambiata anche la platea di una coalizione zoppicante. Compresa la platea che, per il secondo giorno, si raduna sotto il palco della convention che dovrebbe restituire a Parisi il ruolo di «uomo nuovo». Il che suona stonato per la Lega. E infatti, ieri, Matteo Salvini, dal raduno padano di Pontida (si chiude oggi) snobba l'ex dirigente: «La Lega è pronta anche a fare da sola, con orgoglio e con coraggio, da nord a sud: vedo troppi tentennamenti da una parte e dall'altra».
Parisi non pare scomporsi. Anche se a Milano, non c'è traccia dei fedelissimi pasdaran d'un tempo pronti a spellarsi le mani a ogni batter di ciglio del capo o a intonare cori pro-Silvio con le lacrime agli occhi. Adesso sono tutti più guardinghi, più prudenti, più sospettosi, e anche più confusi: «Stefano ce la farà?». Lui ci prova con un comizio che dovrebbe durare mezz'ora e invece dura il doppio. Del resto ci vuole tempo per provare a disegnare il futuro facendo attenzione a non calpestare il passato. Occorre molta perizia per divincolarsi fra le critiche a un'Italia «che è ferma da più vent'anni» e la consapevolezza che per buona parte di quei vent'anni il centrodestra di Berlusconi ha occupato la stanza dei bottoni. Certo, c'è la carta dell'anti-renzismo. E Parisi la gioca con insolita veemenza. Sul referendum: «Voterò no perché la riforma si poteva fare molto meglio» (ma parte della platea, mezz'ora prima, aveva applaudito il sì annunciato da una relatrice). Sull'Europa: «Non possiamo andare lì in ginocchio a chiedere l'elemosina». Sull'economia: «Le iniziative di Monti e Renzi hanno ridotto gli investimenti e aumentato la spesa corrente». Sul look: «Non si può far credere di stare dalla parte dei giovani solo indossando un giubbotto di pelle». E ancora: «Renzi non è pericoloso per la democrazia, ma per l'economia. I suoi 80 euro sono un inganno». Non basta: «È un maestro di furbizie tattiche. Abbia rispetto per i cittadini, si dica quando si vota per il referendum». Tanto che Renato Brunetta, che seguita a guardare l'avvento di Parisi come una iattura, commenta caustico: «Benvenuto in Forza Italia. Se chiede l'iscrizione siamo pronti a dargli la tessera». Come a dire: le cose che oggi dice Parisi noi le diciamo da almeno due anni. Dove sta, quindi, la novità? La novità, dice il nuovo prescelto, sta nel ricominciare da capo, dalla «rivoluzione liberale e liberista» annunciata da Berlusconi ai tempi della sua discesa in campo ma poi naufragata «a causa dei troppi sbandamenti del centrodestra, di eccessivo statalismo, e di molto conservatorismo». E anche dall'incapacità di capire che «i tempi sono cambiati, che i parametri che andavano bene vent'anni fa oggi non vanno più bene».
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