Parla Benetton: «Investimenti per 180 milioni entro il 2017»

Venerdì 2 Dicembre 2016
Parla Benetton: «Investimenti per 180 milioni entro il 2017»
Le dimissioni di Alessandro Benetton dal cda, le indiscrezioni su un nuovo piano di esuberi, le previsioni sul bilancio ancora in rosso. Negli ultimi giorni Benetton Group è finita al centro delle cronache, italiane e non solo. Finora senza mai replicare. Ora il colosso trevigiano dell'abbigliamento rompe il riserbo, affidando ad una sintetica nota alcune puntualizzazioni sui numeri attuali e sulle future strategie. Innanzitutto il fatturato: nel 2015 è stato pari a un miliardo e 529 milioni di euro. Si tratta del consolidato, ovvero del volume prodotto da tutte le società che fanno capo ai Colori Uniti. La geografia del giro d'affari mostra un'azienda ancora orientata all'Italia: da qui trae il 40% dei suoi ricavi. E il resto dell'Europa pesa per un altro 30%, medesima quota realizzata in Asia ed America Latina. Negli ultimi cinque anni, Benetton ha accumulato perdite complessive per 280 milioni. Secondo il comunicato di Villa Minelli, la performance negativa è da attribuire soprattutto a costi straordinari non ripetitivi, quali ad esempio svalutazione di asset, svalutazione di crediti, costi di ristrutturazione. E in questo lasso di tempo, il numero complessivo dei dipendenti è aumentato. La posizione finanziaria migliora (nel 2015 il debito è stato azzerato), l'azienda genera cassa ed ha programmato di investire 180 milioni di euro tra il 2015 e il 2017. Insomma, non solo tagli. Da Ponzano, poi, ribadiscono che il marchio Sisley non è in vendita. La griffe (una delle due rimaste, oltre allo storico United Colors, dopo la dismissione di una serie di brand minori un paio di anni fa) potrebbe essere scorporata, dando vita ad una società autonoma per la sua gestione. A respingere le notizie su dissidi interni tra le varie anime della dinastia imprenditoriale trevigiana, invece, ci pensa Gianni Mion, storico manager della galassia Benetton. Non ci sono liti assicura Mion - Il discorso è che la Benetton è come una specie di tabernacolo per la famiglia. Quando si sente dire che ci sono ridimensionamenti ci si domanda se siano davvero necessari. Molti analisti avevano letto nell'uscita di Alessandro e nell'intenzione del padre Luciano di sostituirlo con un esterno, l'indizio che il più anziano dei fondatori non concordasse con la drastica politica di contenimento dei costi propugnata dal fratello Gilberto, da sempre la mente finanziaria dell'impero familiare. Un contrasto a cui Mion assicura di non credere. Anzi, per l'attuale presidente di Banca Popolare di Vicenza (nonché, fino a fine anno, amministratore delegato di Edizione, la holding dei Benetton) quello che sta accadendo va visto come un eccesso di amore, almeno questa è la mia opinione personale.
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