New York, Cuomo all'angolo «È un molestatore seriale»

Mercoledì 4 Agosto 2021
L'INDAGINE
NEW YORK Era tutto vero, anzi ce n'era ancora di più. La procuratrice di New York Letizia James ha presentato ieri il rapporto che ha stilato dopo un mese di indagine sulle supposte aggressioni sessuali di Andrew Cuomo, e le sue conclusioni sono durissime. Il governatore di New York ha abusato del suo potere per mettere le mani su almeno undici donne diverse, nove delle quali lavoravano o lavorano ancora oggi per lui. Lo ha fatto nel corso di sette anni, dal 2013 al 2020, quando la denuncia del movimento MeToo era già esplosa, e l'attenzione ai comportamenti sessuali era massima sui posti di lavoro.
Nel suo ufficio privato ad Albany e in quelli dell'esecutivo vigeva un clima di terrore tra le collaboratrici. Chi tra loro ha trovato il coraggio di denunciare è stata punita, rimossa dalla sua poltrona e trasferita altrove. Cuomo aveva ribattuto alle prime accuse lanciate da James denunciando la natura politica dell'inchiesta. La procuratrice non nasconde la sua ambizione di strappargli la poltrona governatoriale nelle elezioni del prossimo anno. Per questo si è tutelata chiamando due investigatori indipendenti ad affiancarla nel lavoro, e ha pubblicato nel documento conclusivo solo i fatti che sono stati acclarati dall'intera squadra, confermati dalle 179 testimonianze raccolte.
LE VITTIME
Tra queste ci sono le storie già conosciute di Charlotte Bennett, incoraggiata da Cuomo a raccontare i dettagli di un'aggressione sessuale appena subita, per poi sentirsi dire che il governatore era in cerca di una compagna, e non disdegnava rapporti con donne più giovani di lui. C'è Lindsay Boyland, la prima a levare il dito contro di lui per ricordare come Cuomo l'avesse incoraggiata a giocare strip poker durante il volo di un viaggio di lavoro, e poi baciata a forza nel corridoio di un albergo di Manhattan.
Ci sono poi le nuove storie scavate dagli investigatori. La più infamante riguarda una guardia di sicurezza assegnata alla protezione del governatore, la quale durante una discesa in ascensore si è sentita le dita dell'uomo scorrere lungo la schiena, dal collo alla cintola, e in un'altra occasione l'intera mano passare dalla pancia all'anca dove tiene la pistola. C'è poi una donna il cui nome viene tenuto anonimo che lo avrebbe seguito su sua richiesta nell'home office di Albany, dove Andrew le avrebbe afferrato i seni sotto la camicetta.
CASO POLITICO
Tutte insieme queste accuse non sembrano ammontare ad un solo reato perseguibile penalmente. Molti sono estinti dalla prescrizione, altri restano sotto la soglia del tribunale civile, nel quale Cuomo è stato già chiamato a rispondere da una delle sue vittime.
Il peso dell'inchiesta sarà invece tutto politico. Il governatore aveva rilanciato la sfida cercando di tingere di politica l'inchiesta, e la procuratrice lo ha sconfitto mostrando l'imparzialità del suo lavoro e la credibilità delle accuse.
Entro un'ora dall'annuncio Cuomo aveva già pronta la sua risposta, nella forma di un appello registrato ai cittadini di New York. Ha mostrato decine di foto che lo vedono stringere la testa di uomini, donne e bambini tra le mani, e baciarli sulla fronte e sulle gote. Gesti appresi dai genitori, anche loro ritratti nella stessa posa con il figlio e con altre persone. E ha offerto un secco: «No!» alla richiesta di dimissioni che già serpeggia nelle pagine social di tanti esponenti del partito democratico.
LE TESTIMONIANZE
Ma gli episodi documentati vanno ben oltre queste immagini benevole, e le testimonianze che riempiono 178 pagine del rapporto contraddicono la tesi difensiva: «Non ho mai toccato nessuna donna contro la sua volontà» offerta dal governatore. La parola passa ora al congresso di Albany che potrebbe decidere per l'impeachment, e dove lo speaker della camera a freddo ieri ha commentato: «Questi comportamenti danno il voltastomaco».
Ma gli occhi sono puntati sulla Casa Bianca, dove Joe Biden allo scoppio dello scandalo a marzo aveva detto di Cuomo: «Se sarà dimostrato che si è reso colpevole dei fatti che gli vengono ascritti, dovrà dimettersi». Il presidente è la massima carica del partito, e la sua voce ha il peso di un macigno.
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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