Isabella, un giallo che non si chiude

Martedì 16 Gennaio 2018
Isabella, un giallo che non si chiude
L'ANNIVERSARIO
PADOVA Tutto inizia di notte, due anni fa. Isabella Noventa, 55 anni, segretaria di Albignasego, esce per mangiare una pizza con il fidanzato Freddy Sorgato. Non tornerà più. Uccisa dicono le indagini e una triplice sentenza di condanna e fatta sparire nel nulla nelle ore di buio tra il 15 e il 16 gennaio 2016. Da quel momento niente sarà più come prima. Alla madre ottantacinquenne Ofelia Rampazzo fa compagnia solo la domanda «perché l'hanno uccisa» e la voglia di «sapere. Se avessi di fronte a me quel Freddy gli stringerei il collo fino a farmi dire dov'è il corpo di mia figlia. Non riesco più a parlare dal dolore che ho».
Freddy è l'uomo che Isabella frequentava e che il giudice Tecla Cesaro ha condannato a trent'anni assieme alla sorella Debora (anche lei 30 anni di carcere) e all'amante-amica Manuela Cacco, che dovrà scontare una pena di 16 anni e 10 mesi. Omicidio volontario premeditato, sottrazione e soppressione di cadavere oltre che - solo per Cacco - stalking e simulazione di reato, le accuse che il 16 febbraio 2016 avevano portato in cella i tre, traditi da una messinscena che invece doveva garantire (nel loro piano) l'alibi inattaccabile.
IL DOLORE
«Oggi (ieri, ndr) sono due anni che quei tre assassini me l'hanno ammazzata», ricorda la madre Ofelia nella cucina al primo piano della villetta di via Foscolo ad Albignasego. Al suo fianco c'è un piccolo altare dedicato alla figlia scomparsa: una foto di Isabella, una statuetta della vergine Maria e una candela che da due anni illumina senza sosta l'immagine della segretaria. Al piano terra della villetta invece tutto è rimasto com'era due anni fa: lo studio, il letto in ordine, il comando del televisore sul tavolino. «Era un venerdì. Da quella mattina di due anni fa tutte le giornate sono uguali, tutti i due anni sono sempre come il primo giorno», racconta la donna. Con lei adesso, in casa, c'è Cristina, la moglie di Paolo Noventa, il fratello di Isabella. Tra le lacrime Ofelia riannoda i fili con le ultime ore di vita di Isabella. «Isabella era tornata dal lavoro, era felice, avevamo parlato dei suoi piccoli problemi di salute, era stata operata qualche settimana prima e finalmente vedeva un po' di pace ricorda -. Mi aveva detto che la sera sarebbe andata a mangiare una pizza con Freddy. Non ho avuto nessun sospetto, anche se non era l'uomo adatto a lei. La mattina dopo (il 16 gennaio 2016, ndr) mi sono svegliata presto e mi sono accorta che non c'era».
IL DUBBIO
E il primo, angosciante, pensiero «che le fosse successo qualcosa». Via, quindi, ad un rosario infinito di telefonate. «Chiamavo Isabella ma il cellulare era spento ricorda la donna -, allora chiamavo Freddy: suonava libero e non mi rispondeva». Nessuno però poteva ancora immaginare quello che le indagini avrebbero poi scoperto. «Freddy era a pranzo da me la domenica prima (il 10 gennaio 2016). Era innocuo, educato ma manteneva le distanze. Mi aveva anche regalato dei fiori per il mio compleanno», riporta alla memoria l'anziana madre. «D'estate, quando Isabella stava iniziando a staccarsi da lui ricorda Ofelia Freddy passava la sera con il camion. Alcune volte aveva anche scavalcato il cancello per vedere se Isabella fosse veramente in casa o gli avesse detto una bugia. Loro erano gelosi di Isabella e me l'hanno uccisa: non passa un giorno, un'ora sola, che non pensi a mia figlia».
IL MERITO
«È stata una vicenda complessa che rischiava di rimanere insoluta ricorda invece Gianfranco Bernabei, all'epoca questore di Padova e ora capo dell'Ispettorato di pubblica sicurezza al Viminale -. La possibilità che si trattasse di un delitto perfetto era concreta». Il merito di aver sbrogliato la matassa l'ex questore lo riconosce agli uomini della squadra Mobile della città del Santo, all'epoca comandati da Alberto Di Munno. «Fin da subito la Mobile è stata brava a cogliere i segnali piccoli che non si trattava di un allontanamento volontario. Si è attivato immediatamente il protocollo per le persone scomparse, quando invece si aspetta qualche giorno per vedere se l'emergenza rientra».
Lo scacco matto è arrivato il 16 febbraio 2016, quando Manuela Cacco crolla davanti agli inquirenti e ammette di essere lei la donna con il giubbino bianco che passeggia, incerta, per il centro di Padova, spacciandosi per Isabella Noventa. Nel piano studiato da lei, da Freddy e da Debora Sorgato «cinici e spietati assassini» per dirla come Bernabei -, quella passeggiata era lì a significare l'allontanamento volontario della segretaria. Due giorni dopo verrà la confessione di Freddy davanti al gip durante l'udienza di convalida dell'arresto: «È morta durante un gioco erotico». «È stato l'ultimo passaggio di una strategia vincente continua Bernabei -: abbiamo creato le premesse psicologiche perché lui crollasse. Avevamo comunque una prima confessione della Cacco. Ci eravamo accorti che l'anello debole poteva essere lei».
Unico mistero, in una storia che di gelosia e ossessione, il corpo che non è mai stato trovato e le cui ricerche sono costate la vita a Rosario Sanarico, sommozzatore della Polizia di Stato annegato nel Brenta. «Pensavamo che in quel momento il nostro collega ci stesse indicando il luogo dov'era nascosta. E non è escluso che prima o poi venga fuori qualcosa chiosa l'ex questore -, ma è anche il caso che adesso deve fare la sua parte».
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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